di Andrea Gebbia da Ehrendingen (Svizzera)
Nel 2019 era stato solo un trafiletto sui giornali svizzeri, ma ebbe una rilevanza significativa in alcuni media internazionali: il Governo elvetico aveva dichiarato che il caffè non è un bene di importanza vitale perché non contiene praticamente nessuna energia. Di fronte al rischio che il caffè venisse eliminato dalla lista dei prodotti per cui esiste uno stoccaggio minimo obbligatorio per le emergenze, i produttori si ribellarono e così il Governo tornò indietro dalla sua decisione iniziale. “The Economist” titolò ironicamente ai tempi “If disaster strikes, the Swiss want to be caffeinated” (Se succede un disastro, gli svizzeri vogliono essere “caffeinati”).
Dunque la Svizzera stocca 15.000 tonnellate di caffè per i casi straordinari, una quantità che dovrebbe bastare per tre mesi. Continuando a sfogliare l’articolo dell’Aargauer Zeitung, si apprende che gli stoccaggi di emergenza in Svizzera, che per alcuni sembravano solo un antico retaggio dei tempi della guerra fredda, tornano ora prepotentemente di attualità.
La crisi del Covid ha reso lampante come alcuni prodotti (mascherine, disinfettanti) possano diventare improvvisamente rari e introvabili in tutto il mondo. Ed ora la guerra in Ucraina fa temere simili ristrettezze per varie materie prime.
Gli svizzeri, notoriamente formichine molto attente a qualunque centesimo di franco si possa salvare, sono ora ben contenti ed orgogliosi dei loro magazzini per le emergenze. Ma cosa viene stoccato per i tempi più oscuri e difficili nella Confederazione Elevetica?
Dopo la fine della guerra fredda, il Governo ha ridotto la lista dei beni da immagazzinare per i casi di emergenza. Così le riserve di carbone, tè e cacao, per esempio, sono state abolite, come anche quelle di sapone e detersivi. Invece oggi gli stoccaggi obbligatori riguardano sostanzialmente le seguenti materie prime: zucchero, riso, oli e grassi alimentari, cereali, caffè, foraggio, fertilizzanti, benzina, diesel, combustibile aeronautico, olio combustibile per riscaldamento, uranio, sementi di colza, varie medicine e vaccini, plastiche per produzione di bottigliette per disinfettanti o additivi. Riso, zucchero ed altri generi alimentari devono essere immagazzinati in quantità tali da garantire un approvvigionamento della popolazione per 3-4 mesi. Per i combustibili le riserve devono durare per almeno 4 mesi e mezzo (erano 10 mesi nel 1990).
In Svizzera gli stoccaggi obbligatori hanno una lunga storia. Già nel 1912, come riportato dal Dizionario Storico della Svizzera, il Governo decise di stoccare piccole quantità di cereali per la popolazione. Questo però non impedì di prevenire la grave scarsità di approvvigionamenti durante la prima guerra mondiale.
Decine di anni dopo, l’Amministrazione svizzera introdusse lo schema dello stoccaggio obbligatorio. Lo stato decide che cosa deve essere immagazzinato; il deposito, poi, viene garantito e organizzato dalle Imprese coinvolte, che al momento sono circa 300. In caso di carenza di un prodotto, i governanti approvano l’uso delle scorte. Per le medicine questo è un caso piuttosto comune. Nel 2018 furono usate anche le riserve di benzina e diesel, poiché, a causa della poca acqua del Reno, il trasporto fluviale si rese impossibile incrementando quello su strada.
Al momento sono state intaccate le riserve di concimi azotati, nel gennaio 2022, proprio poco prima dell’attacco della Russia all’Ucraina. Probabilmente tali riserve dovranno essere ancora utilizzate, poiché la Russia è uno dei maggiori esportatori di fertilizzanti del mondo.
Un portavoce dell’Ufficio Federale Svizzero per l’Approvvigionamento Economico del Paese (UFAE) conferma che lo sblocco di beni di riserva per le emergenze non è così comune, tranne per i medicinali. Comunque, nel caso delle medicine, la situazione non è mutata durante la pandemia. Durante l’emergenza Covid, piuttosto, si è fatta sentire la mancanza di uno stoccaggio di etanolo, il componente principale dei disinfettanti, che fu abolito nel 2018. Nel frattempo Alcosuisse ha ricevuto dal governo l’incarico di ricreare riserve di emergenza di alcol etilico.
Ma serve anche uno stoccaggio di emergenza per la pasta? Di fronte a questa domanda avanzata dal parlamentare dell’Unione di Centro, Marcel Dettling, un’analisi del Governo ha evidenziato che purtroppo non si può considerare la pasta negli stoccaggi di emergenza. Molti tipi di pasta non sono infatti adatti a questo scopo, soprattutto per la loro maneggevolezza e la durata piuttosto breve.
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