Cuba, due anni di terrore ignorati da Europa e Stati Uniti ma la ribellione è ancora viva
Nonostante la repressione – con detenzioni e lunghe condanne – dopo le storiche proteste dell’11 luglio 2021 e l’esodo di massa, i cubani continuano a scendere in piazza per chiedere libertà. Due anni fa per la prima volta in sei decenni decine di migliaia di cubani protestavano in 51 città contro il regime spinti dalla disperazione che solo danno la miseria e la mancanza di libertà. L’Ong Prisoners Defenders (PD) stima che 8mila persone siano state arrestate a seguito di quelle proteste mentre l’organizzazione Archivo Cuba ha documentato 21 esecuzioni extragiudiziali da quell’11 luglio 2021. Tra questi il 36enne Diubis Tejeda, colpito alla schiena durante la protesta davanti alla stazione di polizia di Guinera e Cristian Barrera, di 24 anni, ucciso mentre cercava di fuggire dall’isola poche ore dopo aver partecipato alle manifestazioni.
Cuba era sul piede di guerra, la militarizzazione per le strade lo dimostrava. Il regime ha persino impedito la Marcia civica per il Cambiamento del 15 novembre 2021 – guidata dal drammaturgo Yunior García, ora esiliato in Spagna – eda allora mezzo milione di cubani ha lasciato il paese, molti in fuga dalla ‘caccia alle streghe’ del regime inn quello che è il peggior esodo migratorio a Cuba dal 1959. Oggi Prisoners Defenders documenta il numero record di 1.047 prigionieri politici che hanno subito torture e condanne senza alcuna difesa. Condannati a 5 anni di carcere in media anche 35 minorenni, mentre solo negli ultimi dodici mesi, l’ong ha registrato 246 nuovi prigionieri politici a Cuba.
Da parte sua, l’Osservatorio cubano dei diritti umani (OCDH) tra gennaio e giugno 2023 ha documentato 7.445 azioni repressive relative all’esercizio dei diritti civili e politici. Secondo l’Osservatorio cubano dei conflitti, invece, le proteste finora nel 2023 sono state più di 2.500. La strategia del regime, oltre ad aumentare la repressione, è stata quella di stabilire alleanze con altri regimi totalitari come Russia, Cina e Iran ma,nonostante ciò, sia gli Stati Uniti che l’Unione europea hanno attuato un’apertura politica e commerciale verso la dittatura, sperando che il presunto rafforzamento economico (che non c’è) porti “miracolosamente” a una transizione democratica.
Il risultato ad oggi è l’esatto contrario negli ultimi due anni, con il terrore che si è moltiplicato nella più antica dittatura d’America. “I prigionieri politici subiscono il peggior calvario, perché sono tutti torturati”, denuncia il primo studio completo sulla tortura a Cuba in allegato. Uno di loro è il leader dell’Unione Patriottica di Cuba (UNPACU), José Daniel Ferrer, segregato seminudo in una cella con una lampada accesa 24 ore e un risonatore di frequenza attivo, che danneggia il suo sistema nervoso. Ferrer rifiuta di essere espulso, proprio come Monsignor Rolando Álvarez in Nicaragua.
Il rapporto certifica anche altre crudeltà: percosse, avvelenamento chimico, tortura psicologica, isolamento e negligenza medica. “Il più grande grado di odio e disumanità viene applicato a Ferrer nella sua tortura”, denuncia Javier Larrondo, presidente dell’ong Prisoners Defenders. Felix Navarro, un altro dei leader dell’opposizione, ha compiuto 70 anni ieri e lo ha fatto in prigione. “Il suo crimine?” si chiede oggi Daniel Lozano sul quotidiano spagnolo El Mundo: “Andare alla stazione di polizia il 12 luglio del 2021 per chiedere notizie sui detenuti. Era accompagnato da sua figlia, anche lei imprigionata. Per i giudici cubani si è trattato di un crimine di disordine pubblico e Navarro è stato condannato a nove anni di prigione, dopo i dieci anni già scontati per la Primavera Nera”.
“È un covo di dolore”, ha descritto Navarro nella prigione di Aguica a Matanzas. “Raccogliamo l’acqua per bere millimetri dal foro dove urinare e defecare. I prigionieri sono confinati per qualsiasi motivo in celle di punizione, dove puoi rimanere per anni. Un esempio palpabile è quello di Armando Gómez de Armas, confinato per più di 10 anni”, ha denunciato lui stesso in un toccante audio reso pubblico dall’Osservatorio cubano dei diritti umani.
L’artista Luis Manuel Otero Alcántara catturato l’11 luglio mentre si stava dirigendo sul Malecón per unirsi ai manifestanti da sabato scorso ha iniziato il suo sesto sciopero della fame e della sete perché rifiuta di accettare “le sbarre infinite, i letti di pietra, la luce bianca che non si spegne mai, i 20 minuti di telefono a settimana.” Otero Alcántara, leader del Movimento San Isidro, ha ricevuto per volere raggiungere a piedi il Malecón una condanna a cinque anni di carcere per “disordine pubblico, oltraggio alla corte e ai simboli nazionali” ma, è evidente, questo all’Unione Europea ben incarnata dal Josep Borrell e all’amministrazione statunitense di Biden interessa poco, anzi nulla.
Paolo Manzo, 11 luglio 2023
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