AMLO: “Il Messico è più sicuro degli Stati Uniti”
Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha dichiarato lunedì che il suo paese è più sicuro per viaggiare rispetto agli Stati Uniti, nonostante il suo paese abbia 9 delle 10 città più violente del mondo e ci siano 500 statunitensi desaparecidos, dopo che il Dipartimento di Stato ha emesso avvisi agli americani di non visitare alcune città messicane città. “Perché questa paranoia?”, ha detto il presidente, sottolineando che gli avvertimenti a non recarsi in Messico sono una questione ‘politica’ e ha assicurato che ciò che vogliono creare è una percezione di insicurezza ‘per dire: il governo populista, comunista, caudillo, messianico di López Obrador non funziona .”È una campagna contro il Messico da parte di politici conservatori degli Stati Uniti”, ha detto il presidente.
Le elezioni del 2024 negli Stati Uniti e in Messico fanno presagire una tensione alle stelle tra i due paesi. (qui l’analisi di ABC)
L’incrocio di accuse la scorsa settimana tra i leader repubblicani statunitensi e le più alte autorità del Messico, a seguito del rapimento di quattro cittadini statunitensi, è solo l’inizio della tensione tra i due paesi che aumenterà fino alle elezioni presidenziali e legislative che si svolgeranno nel 2024 in entrambi i paesi. Otto anni fa, Trump aveva presentato la sua candidatura alla Casa Bianca accusando i messicani di essere stupratori e proponendo la sua idea di costruire un muro; in parallelo, Andrés Manuel López Obrador aveva basato gran parte della sua campagna presidenziale sulla richiesta di “rispetto” dal suo vicino del nord. Oggi, alcuni repubblicani stanno cercando di ottenere un profilo come candidati usando di nuovo il Messico, questa volta prendendo di mira il traffico di droga più che l’immigrazione, a causa dell’epidemia di morti per overdose da fentanyl subita dagli Stati Uniti. Dall’altra parte AMLO e il suo probabile successore nel partito Morena, l’attuale ministro degli Esteri Marcelo Ebrard, stanno guardando l’elettorato messicano rispondendo con forza alle “provocazioni” degli USA. William Barr, il procuratore generale di Trump, ha paragonato i cartelli della droga all’Isis e ha difeso l’intervento degli Stati Uniti in Messico per combatterli. La risposta di López Obrador è stata netta: “Non siamo un protettorato o una colonia degli Stati Uniti. Il Messico è un paese libero, indipendente e sovrano. Non ci servono ordini di nessuno. Il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, dal canto suo si è detto da Washington “pronto a morire affinché la sovranità del Messico non sia violata”.
In precedenza, contro ogni evidenza, López Obrador aveva negato che il fentanil fosse prodotto in Messico. Con questo, ha ignorato un rapporto della DEA, la drug enforcement agency degli Stati Uniti, che a novembre aveva assicurato che “la maggior parte del fentanil trafficato dal cartello di Sinaloa e dal cartello di Jalisco New Generation è stato prodotto in fabbriche segrete in Messico con prodotti chimici provenienti dalla Cina.”
Un anno di Boric: un mezzo disastro
Quanto è impopolare Boric, il presidente giovane tanto amato dalle sinistre mondiali? Tanto: il suo tasso di approvazione nel primo anno di presidenza è il più basso della storia del Cile democratico, il 30%. Gabriel Boric si è insediato a marzo scorso come presidente del Cile e la sua vittoria era stata l’incoronazione di un lungo periodo semi rivoluzionario iniziato con le manifestazioni di Santiago a ottobre 2019. La protesta era cominciata per un aumento del prezzo del biglietto della metropolitana e, nell’arco di poche ore, era diventata una protesta contro il capitalismo nel paese con il reddito pro capite più alto di tutta l’America latina. Boric era stato festeggiato con grande entusiasmo dalla sinistra italiana come il presidente più giovane e più di sinistra della storia del Cile democratico dominato dai moderati. Era la rivincita di un ex leader del movimento studentesco, alleato del partito comunista e delle minoranze indigene contro “il neoliberismo”. Un anno dopo scontenta e il 70 % dei cileni è deluso.
Cuba aggiunge 11 nuovi prigionieri politici a febbraio
Sono tutti attivisti che collaborano con le famiglie dei prigionieri politici per rendere visibile la loro situazione, ha affermato l’organizzazione Prisoners Defenders (PD) nel suo ultimo rapporto di lunedì. Secondo l’ONG sono almeno 1.066 i prigionieri politici oggi a Cuba, il mese scorso erano 1077, avendone in compenso la dittatura liberati 22. Il direttore Javier Larrondo ha denunciato anche che gli oltre 400 processi giudiziari monitorati dall’organizzazione “dimostrano la totale violazione dei più fondamentali principi procedurali”.
La vice di Petro, Francia Márquez, non ammette che Cuba sia una dittatura.
La vicepresidente della Colombia ha assicurato in un’intervista alla rivista Semana che “Cuba non manda armi ma manda medici. Non è ammirevole?”. “Per te Cuba è una dittatura o no?”, ha insistito la giornalista. A questo la Márquez ha detto: “Hai messo tu la parola dittatura, io non la vedo così. Rispetto l’autonomia e la sovranità di ogni paese, che decide come è organizzata politicamente”. Poi, facendo uso della narrativa dell’Avana, la vicepresidente ha assicurato che la responsabilità di quanto vissuto a Cuba è degli Stati Uniti : “Non ha potuto decidere perché è stata bloccata, è stata bloccata dai poteri, è stata bloccata dagli Stati Uniti”, ha sottolineato. Peccato che le cosiddette “missioni” all’Avana siano state denunciate da esperti delle Nazioni Unite, nonché da gruppi per i diritti umani, come sfruttamento del lavoro che rasenta la schiavitù.
L’Honduras apre alla Cina e scarica Taiwan.
L’apertura delle relazioni con la Cina lascerebbe il posto alla chiusura dei legami con Taiwan, che ieri sera ha chiesto all’Honduras di ” non cadere nella trappola della Cina”. L’America Latina è stato uno scenario cruciale delle dispute tra Pechino e Taipei da quando si sono separate nel 1949 dopo il trionfo delle forze comuniste nella guerra civile cinese.
Paolo Manzo, 15 marzo 2023
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