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“Cyk* bly**”. Il fuorionda di Zelensky mai visto: cosa ha detto da Trump

L’espressione usata dal leader ucraino dimostra la difficoltà in cui si trovava alla Casa Bianca. Il sussurro durante gli attacchi di J.D. Vance

Durante il recente vertice presso la Casa Bianca, molto seguito dai media a livello globale, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, si è trovato in una posizione alquanto imbarazzante, che ha generato non poche discussioni. Un fatto in particolare ha attratto l’attenzione: l’uso da parte di Zelensky di termini ritenuti volgari in lingua russa, comprensibili solo a chi possiede una buona conoscenza del russo. Tale episodio ha sollevato numerose questioni riguardanti l’importanza della scelta linguistica in ambito diplomatico e le decisioni adottate da Zelensky in quella circostanza critica.

Nel corso dell’incontro, Zelensky ha pronunciato alcune frasi in russo mentre J.D Vance lo attaccava. Si tratta di espressioni che, secondo l’analisi di Quarta Repubblica, renderebbero chiaro il livello di tensione sotto il quale si trovava Zelensky, evidenziando difficoltà nell’esprimersi con chiarezza in una situazione così delicata. Le due parole utilizzate dal leader ucraino (Cyka blyat) sarebbero traducibili così: la prima significa “cagna”, la seconda rievoca il mestiere più antico del mondo. In sintesi: “cagna putt***” o “cagna tro***”.

Molti esperti stanno criticando, oltre ai modi un po’ da bullo di Trump, anche le scelte politiche di Zelensky. Il primo errore sarebbe stato quello di comunicare in inglese piuttosto che nella sua lingua madre, ovvero l’ucraino. Questa opzione, come sottolineano alcuni analisti, potrebbe aver compromesso la sua efficienza comunicativa, specialmente in un contesto di elevata tensione. Basti pensare ad Emmanuel Macron, il quale, come citato da Quarta Repubblica, in una importante occasione preferì passare dall’inglese al francese per evitare incomprensioni. Anche per Zelensky sarebbe stato più adeguato usare l’ucraino per garantire maggiore precisione e autenticità, limitando così possibili ambiguità.

Questo accaduto riflette l’intricata natura delle relazioni internazionali e il ruolo cruciale del linguaggio come mezzo di potere e identità. La decisione di Zelensky di utilizzare l’inglese, interagendo con interlocutori precedentemente dimostratisi ostili e inclini a una narrazione pro-russa del conflitto, ha suscitato interrogativi sull’efficacia della mediazione linguistica in contesti ad alta tensione. Il tentativo di stabilire un dialogo diretto, evitando l’uso di un interprete, alla fine potrebbe aver contribuito all’escalation del conflitto piuttosto che alla sua risoluzione.

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