Da Facebook ai giallorossi, quella voglia matta di censura

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Saremo un po’ meno liberi, ci aumenteranno le tasse (per ora “solo” sul contante) ma in compenso, si fa per dire, avremo il “diritto di morire”. Bel clima quello introdotto dal governo Conte bis e dalla sua maggioranza. Non sappiamo infatti se, nella decisione di Facebook di cancellare profili di Casa Pound e di Forza Nuova, vi sia stato un suggerimento ministeriale. Di certo tutta la sinistra ha applaudito la grave decisione del controverso Zuck e sono riaffiorate le solite vocazioni censorie: dalla senatrice Segre alla Boldrini, fino alla palla raccolta da certe sciagurate esponenti di Forza Italia, molti ora vogliono questo, un bavaglio sui social per “fermare l’odio”.

È questo il centro del discorso dei neo censori. Un tempo i governi giustificavano la censura, anche quella politica, in nome dell’ordine pubblico e della morale, cioè della tenuta della società. Oggi invece la nuova censura è gentile, vuole proteggere gli individui dall’ “odio” appunto. Però chi stabilisce cosa sia odio e cosa non lo sia, ancora una volta, è il governo. Che, come nell’antica censura, intende proteggere i suoi sudditi privandoli di informazioni. Come se tutti oggi fossero degli snowflakes, cioè dei senza palle incapaci di difendersi con le proprie argomentazioni.

Ovvio che la nuova censura si rivolga ai social. Per la prima volta nella storia, grazie a quelli, ognuno di noi oggi può intervenire nel dibattito pubblico, esprimendo la propria idea liberamente, e raggiungendo un numero di individui ben superiore a quello di qualsiasi giornale. Normale che le cariatidi dei vecchi media vogliano “abolire internet”, come ha scritto uno di loro. O, se non proprio abolirlo, almeno regolarlo: come in Cina, perché no? Per questo la battaglia dei soloni dei grandi giornali contro i social rivela l’ingenua convinzione che, imbavagliando il web, possano tornare i bei tempi in cui i quotidiani vendevano e un minimo di influenza l’esercitavano.

Sta di fatto che, nel piccolo establishment della carta stampata e in quello ancora più misero degli eredi del comunismo, le vocazioni al bavaglio sui social sono talmente intense che quasi certamente ci dovremo attendere una legge ad hoc. Dopotutto, visto che il Conte bis è un’appendice di Parigi, è probabile che i nostri censorini copieranno la legge Avia appena approvata in Francia. Che affida alle singole piattaforme web il compito di censurare tutti quei siti e profili che incitino all’odio, in base alle denunce degli utenti, anche anonime. Se le piattaforme non procedessero, multe salatissime, fino a 30 milioni di euro!

Contro la legge si sono scagliati Le Pen e Mélenchon, non a caso capi dei movimenti politici più diffusi sulla rete, mentre vecchia destra gollista e socialisti, che sul web contano nulla, si sono accodati a Macron. Il che fa capire come quella della tutela dall’odio sia spesso solo una scusante per mettere in difficoltà gli avversari politici. Ma almeno ad accusare la legge Avia di essere liberticida sono state oltralpe anche molte voci della sinistra intellettuale, oltre che i quotidiani Libération e Le Monde. In Italia invece tutti gli intello’ alle vongole e tutti i loro organi, La Repubblica su tutti, amano la greppia. Solo quando tapperanno la bocca pure a loro, essi ammetteranno come al solito di essersi sbagliati: ma sempre troppo tardi.

Marco Gervasoni, 13 settembre 2019

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