“Da Giorgia Meloni in giù”. La giudice Albano ora attacca direttamente la premier

La toga di Md che non ha convalidato il trattenimento dei migranti in Albania: “Il governo mina la nostra autonomia, noi seguiamo la Costituzione”

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Magistratura Albano

Silvia Albano torna all’attacco. E lo fa all’indomani del convegno di Magistratura Democratica dove – di fatto – sono stati annunciati i provvedimenti che oggi i giudici del tribunale di Roma prenderanno sui 7 migranti trasferiti nei giorni scorsi nei due centri di accoglienza in Albania. “Lo scontro lo vuole il governo non io”, dice la presidente di Md che fu tra le prime a criticare il piano del governo dopo l’accordo con Edi Rama. La lamentela è sempre la stessa: il centrodestra avrebbe avviato “una campagna personalizzata” contro di lei, scelta come “parafulmine”, che rischia di autorizzare di “matti” a “scatenarsi” e a “fare qualsiasi cosa”. Una campagna che sarebbe stata “fomentata da alcuni giornali e trasmissioni” (evidentemente, la libertà di stampa vale solo per quella di sinistra), ma anche “da politici”. A partire “dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in giù”.

Un attacco frontale al premier. “Sentiamo pressione politica intorno a noi, di continuo, ogni giorno – dice Albano a Repubblica – Ci sono forti tentativi di condizionamento rispetto alle decisioni e questo chiaramente per i giudici è un problema. Noi comunque cerchiamo di fare il nostro lavoro, di preservare la nostra indipendenza di giudizio”. La toga è convinta che la maggioranza di governo voglia una magistratura che non ostacoli i suoi piani e non critichi le leggi, ma “il potere giudiziario è stato creato per garantire la legalità, prima di tutto delle fonti sovraordinate, i costituenti hanno sancito alcuni diritti inviolabili e noi dobbiamo interpretare le leggi alla luce della Costituzione e se ciò non è possibile dobbiamo sollevare una questione costituzionale”.

Nel colloquio con Repubblica, Albano in fondo ribadisce quanto affermato ieri a margine del convegno per i 60 anni di Md, svoltosi in Campidoglio, dove aveva rivendicato il dispositivo firmato ad ottobre che ha di fatto bloccato il piano albanese del governo, costringendo il Consiglio dei ministri a varare un decreto per “elevare” la lista di Paesi sicuri a norma primaria. Decreto che è già stato impugnato dai Tribunali di fronte alla Corte di Giustizia Ue e che, con ogni probabilità, la sezione immigrazione del Tribunale di Roma con i provvedimenti di oggi potrebbe comunque cercare di aggirare. “Voi avete visto che io non sono intervenuta mai in questo periodo perché c’è stata una personalizzazione insopportabile – aveva detto la Albano – C’è stato un pronunciamento unanime di tutte le comunità dei giuristi: dall’Unione delle Camere penali all’associazione dei professori di diritto dell’Unione europea. Per dire che sulla supremazia del diritto europeo non ci si può fare nulla”. Insomma: “Se noi pensiamo che ci siano elementi di frizione tra la Costituzione e certe norme, o tra il diritto dell’Unione e certe norme, noi abbiamo l’obbligo o di sollevare la questione di costituzionalità o di disapplicare o di mandare alla Corte di Giustizia. E questo è un obbligo previsto dai trattati”.

Non la pensa così Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione. “I magistrati non sono la Corte costituzionale, non devono applicare la Costituzione ma le leggi approvate dal Parlamento. La Costituzione ha un garante, il Capo dello Stato, e un organo, la Corte costituzionale, che vigila sulla conformità delle leggi alla Costituzione. Le parole pronunciate dal magistrato Silvia Albano al convegno di Magistraura democratica vanno oltre il perimetro delle competenze assegnate all’ordinamento giudiziario”.  Era stato Matteo Salvini, invece, a denunciare “quei giudici che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano” e che per questo “dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione comunista”. Pronta la risposta della Albano: “Il fatto che chi cerca di applicare la Costituzione venga appellato come ‘giudice comunista’ mi preoccupa molto per lo stato della nostra democrazia e per il suo futuro. Ci appellano così, noi non abbiamo in tasca né il libretto di Mao né il Capitale di Marx: noi abbiamo in tasca la Costituzione e ora le carte sovranazionali”.

Certo è che fa strano quando un giudice, chiamato ad interpretare le norme approvate dalla maggioranza, non manca di bombardare pubblicamente tutti le azioni messe in campo dall’esecutivo. La riforma della giustizia e il premierato? “Nel combinato disposto” pongono “effettivamente un problema perché la nostra Costituzione prevede degli organi di garanzia, come la Corte costituzionale, il Csm”. La riforma della legge elettorale? “I costituenti hanno creato un sistema di pesi e contrappesi che doveva garantire che non ci fosse più una situazione in cui una maggioranza di governo potesse agire senza limiti di legalità”. Si fa fatica a non vedere un pregiudizio nei confronti di questo governo.

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