Da Pregliasco a Canfora, la follia targata “sinistra”

Il televirologo se la prende con la cravatta mentre lo storico accusa la Meloni di neonazismo

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Anche noi, siamo dei coglioni. Noi, noi che analizziamo, critichiamo, scriviamo, cercando di capire, di far capire. Ma da capire cosa c’è? Cosa resta, quando senti un Pregliasco, che, attenzione, è professore, il Pregliasc de Milan, con quella faccia un po’ così, di chi si sente superiore, professore, ma con quel sorrisetto di ingiustificata spocchietta ci ha rotto un po’ le balle, e non si sospetta e non tiene conto delle gag che eroga a getto continuo e senza neppure rincararle alla pompa. Ma sì, el Pregliasc, quello che, come gli ricordò Daniele Capezzone in un memorabile scontro televisivo a Natale, vuole il monopolio delle cazzate.

Il ritorno di Pregliasco

Vaticini, previsioni, trovate che farebbero rodere il fegato ai fratelli Marx, ai Monty Python, ad Achille Campanile, a Cochi e Renato: ricordate quando “non escludeva” (lui non escludeva) il veto scolastico ai bambini non vaccinati? Quando dava le misure sessuali, in senso temporale, scopare al massimo un quarto d’ora (qualcuno sui social commentò: beato chi ci arriva), ovviamente in mascherina, meglio ancora tuta ignifuga? Quando auspicò le pippe al posto del partner (qualcuno sui social non commentò affatto)? Quando si mise a cantare sì sì sì, vac-ci-nia-mo-ci, con gli altri due virosfigati, un Crisanti sovietico e un Bassetti che manco Achille Lauro? Sembrò il punto più basso, poi invece la “Verità” al Pregliasc gli fece un tondino che pareva un secchio sulla curiosa faccenda degli interventi posticipati al Galeazzi, di cui è Dominus, per i non vaccinati, che il luminare meneghino incassò con un proscioglimento giudiziario ma una imbarazzante ricaduta mediatica, anche a causa di smentite che non smentivano e di clamorosi cambiamenti di programma.

L’allarme Covid sulla cravatta

Ma el Pregliasc niente, l’è lù, l’è lù, sì sì l’è propri lù, è il tamburo principal della Banda d’Affori, che comanda cinquecentocinquanta pifferi, che passion, che emozion quando fa bum bum. E continua a far bum bum. L’altroieri, questo tamburino di regime sanitario, sempre pronto al salto di potere (“Io in politica? Mai dire mai, mi sento democristiano nell’approccio”, che tradotto suona: forza Pd, che aspetti, sono qui, tra le tua braccia ancor, avvinto come l’edera), ha preteso che le mascherine diventassero “i nuovi occhiali da sole”: se le mettesse lui sugli occhi, che forse è un guadagno per tutti. 24 ore, e el tambur ha sparato il bumbum più assordante: la cravatta? No, lui non la mette (sottinteso: nessuno deve metterla) perché alimenta il Covid. La cravatta. Raccoglie germi, agenti patogeni, bisogna proibire la cravatta, far fuori chi la sfoggia. PolPot si limitava agli occhiali. Forse qui qualcuno confonde la cravatta con la lingua, però se ci andasse un po’ più piano col doping da vax, magari certi deliri si potrebbero risparmiare.

Canfora: “Meloni neonazista”

Ma prendersela col fantavirologo di turno sarebbe riduttivo, ci sono pure gli psicostorici, citofonare Luciano Canfora, il faro di cultura che ancora nel 1994, a Muro franato considerava Stalin meglio di Gorbaciov con le precise parole, raccolte da Adnkronos: “L’opera di Stalin è stata positiva anche se aspra per la Russia al contrario di quella di Gorbaciov”. Aspra, che sarà mai. In senso ammirativo, quasi estatico. Per cui non sorprende che lo stesso guru di certa sinistra, e purtroppo certa destra che basta odiare l’Occidente e ci si fionda, possa definire la Giorgia Meloni una nazista; o, almeno, questo è quanto tutti avevano capito, senonché il raffinato filologo greco si sente in dover di correggere, anche discretamente piccato: no, non ho detto nazista, ho detto neonazista, è diverso. Che ne sapete voi, massa cafona, conformisti, servi della gleba e merdajoli, conte Mascetti dixit, di certe sfumature. Neonazi, per il complesso intellettuale, è “uno che non accetta e non rispetta l’unità del genere umano”.

Ma infatti, come fa Giorgia a sentirsi offesa? Qui si fa dell’Accademia, signori. Domanda dalle mille pistole (o mille pistola): cara Meloni, vale la pena di sprecarci una querela? Che poi novantanove su cento ti capita un giudice profondo rosso che gli dà ragione e ti condanna pure alle spese? Ma la colpa, ripetiamo, è solo nostra. I coglioni siamo noi, che riconduciamo un periodo inverecondo, che peraltro non finirà, alle estrinsecazioni dei Pregliasco e dei Canfora, personaggi che solo gli sprovveduti possono definire “virologo/storico da bar”. No, da bar siamo noi, che ci caschiamo sempre, questi fanno il loro mestiere, che si chiama autopromozione, vanno in tivù e vivono felici. Anche perché la loro portata viene ampiamente esagerata: sono effetti, ma li considerano cause molto efficienti. Influenti. Virali. Sono il fallout di questi mala tempora che currunt, currunt, ma non passano mai.

E noi qui, che ci scazziamo a discutere di uno che non mette la cravatta perché fa pandemia, o sfruculia tra nazi, paleonazi, neonazi. Che gesticolano, tipo il professor Orsini, quello che gesticola come un Mughini che ce l’ha fatta ancora meno, e dice: meglio sotto dittatura ma vivi. Jan Palach e gli altri non avevano capito niente, erano dei neonazi, dei cravattari, dei coglioni. E noi, noi che amiamo la libertà su tutto, noi con loro.

Max Del Papa, 13 aprile 2022

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