Non si fermano più. Sono come la cacarella longa, longa, filulilla, pisciurilla. Lo sapevamo, li aspettavamo al varco, e non ci hanno deluso. È l’armata degli utili idioti, ma più che altro inutili coglioni, che si sentono in dovere di frignare sui social e, così sbavando, portano solidi argomenti alla tesi: i compagnucci delle parrocchiette, avanspettacolo, karaoke, scrittura cretina, eccetera, sono non la CO2 del Politburo, magari fosse, ma l’ossido di carbonio. Quello che avvelena. Solo che noi a questo punto dobbiamo fermarci, pertanto concludiamo oggi la storia infinita portando a compimento non la trilogia degli anelli ma la trilogia dei budelli: intorcinati, scoppiati, divorati, della polvere di stelle e di stalle de sinistra.
Apriamo l’ultimo circo con una signorina Kikazè, tal Giulia Torelli, “fashion influencer” sui 42 anni, a occhio e croce, che ha una sua personalissima ricetta per la democrazia elettorale: “I vecchi non devono votare, sono rincoglioniti e attaccati alla vita”. Sarà Torelli, ma la logica è bovina: fascio influencer, ma davvero; non è che Mengele, alla fine, era piddino? Dopo di lei il solito diluvio di scappati dalla cabina elettorale, sentite Eros Ramazzotti, padre di Aurora, scarsina come showgirl ma impagabile intellettuale del dildo (sbandierato allegramente sui social): “Siamo esattamente quello che ci meritiamo”. Tu, sì. Noi non ci meritiamo certe punizioni e infatti non abbiamo mai ascoltato un disco tuo.
Un’altra testa pensante, ogni ricciolone un flash, è quella di Lodo Guenzi, meteora dello Stato Sociale; il gemello siamese di Sardina Mattia schiuma contro “la peggiore sinistra della storia dal dopoguerra (sic)… totalmente distaccata dai problemi delle classi sociali più deboli”. Analisi che farebbe impallidire Duns Scoto e sant’Agostino. Torniamo alle miss Kikazè? Eccovi pronta la “scrittrice e attivista” Carlotta Vagnoli, che verga: “Una mattina mi son svegliata…” e poi prosegue filosofeggiando di “vuoto a sinistra” e “categorie da sempre soffocate e silenziate”. Sì, come i gender, che ormai parlano solo loro. O i migranti che ormai vanno in Parlamento. Come originalità, la scrittora Carlotta Kikazé è a un passo, ma non lo raggiunge, da Jack Torrance, un libro intero a base di “Il mattino ha l’oro in bocca”.
La sera invece ha loro in bocca, loro piddine e piddini irranciditi. Conosci, tu, un’attora che si noma Michela Giraud? Noi no, noi; no; noi; no, noi: no. Comunque, da comica quale risulta essere alll’anagrafe, ci concede una battuta folgorante: Vabbè, wake me up when september ends, ma del 2027 però”. Michela Gibaud: appena la senti, ti crolla l’ernia. Altro giro, altra comica, altro regalo per la Meloni: una preclara Debora senz’acca Villa fa un video “di amara ironia” sulle minacce dei meloniani quanto a immigrazione (record storico), diritti civili e aborto, che ormai, come il digestivo Antonetto, i progressisti vorrebbero prendere anche in tram.
Ma venivamo al patinato, nel cervello, mondo della moda. Lo stilista sardo Antonio Marras, con pesantezza nuragica, scolpisce la solita storiella dell’albero che votò per l’ascia, aiòò, nonno! “Not in my name” squaquera invece il direttore creativo, si fa per dire, di Gucci, Alessandro Michele, che speriamo sia un po’ più originale quando disegna bozzetti; “Neanche nel mio”, risponde un’altra cinestar, forse. Roia, Alessandro Roia: bisogna andare a vedere sulla Hollywood Walk of Fame dove sta posizionato questo. Una parigrado, Kasia Kikasè Smutniak (ma non poteva chiamarsi in un modo meno complicato, questa?), motteggia: “Ad ottobre indietro di un’ora, da oggi indietro di un secolo”. In compenso lei è un pezzo avanti sul sentiero delle cazzate da actorminkia. Ma eccoo pure Vanessa Incontrada, imbronciata e cupa: “Faccia da lunedì”. Lunedì postelettorale, si capisce. Da parte sua Filippo Timi si sente in dovere di annunciare alla nazione: “Io non vi ho votato”. Chi sa la Meloni l’amarezza. Ma può consolarsi con Sabrina Ferilli che già le attribuisce, sarcasticamente è chiaro, i treni in orario, come già col Cavaliere.
Non poteva mancare la fidanzatadiquellodeimaneskinfidanzato con Giorgia “Vulvodinia” Soleri il cui “risveglio [è] più doloroso di qualsiasi malattia cronica”. Insomma a questa non brucia solo lo stomaco ma pure più giù. Per la serie: non si butta mai via niente. C’è ancora spazio per registrare la vibrante presa di posizione di Alessandro Cecchi Paone, che ne fa una questione di geografia emicicliale: “Meloni fascista, siede nel lato destro dell’emiciclo del Parlamento e renderà impossibile l’aborto come nelle Marche”. Il giornalista da Isola dei Famosi è leggermente approssimativo, se non confuso, forse il suo nuovo fidanzatino ventiseienne, per l’appunto marchigiano, lo ha informato male; succede, nell’estasi della passione da yacht. Serve e schiaccia, sui maroni, Yannick Noah, il tennista, che invecchiando sembra il nonno di Manu Chao: “Il razzismo col nuovo governo diventerà un vostro problema, mi dispiace per l’Italia”. Non si scomodi: facciamo da soli, in caso. Già abbiamo da occuparci delle reazioni scomposte di tanti, da Samantha con l’acca Cristoforetti, alabarda piddina spaziale che, forse per penitenza, si mette a mangiar cimici e lombrichi nella stratosfera; di J-AX che invoca “gli anticorpi”, e Dio sa quanto ne avrebbe bisogno lui; di Tomaso con una M Montanari, il saggista, il quale paventa Giorgia “in orbace”: fregatene sciocco!
E ancora di una serie di evasi dal manicomio che si filmano compulsivamente, come certi bimbiminkia a frignare nel telefono man mano che piovono pietre per la sinistra e voti per la Giorgia.
Ma la meglio, quella che probabilmente vince tutto, è l’ennesima kikazè, stavolta nel variopinto mondo streetart: una Cristina Donati che spitturacchia su un muro Meloni che “prende a pugni i diritti”. Un bell’impegno, tipo inchiappettarsi i doveri. Forse dopo tanto sforzo artistico potrà andare a ristorarsi a Livorno, in quel pub dove il titolare ha dichiarato, pare da un balcone: “Chi ha votato Meloni non è ben accetto nel nostro locale”. Questo è uno che dura minga, dura no, io ve lo dico.
In tanta vanitosa invadente mestizia, una cosa bella: il silenzio, che Dio ce lo conservi, di Greta Thunberg, l’attivista candidata a tutti i Nobel. Pare che, appreso l’esito delle consultazioni italiane a bordo del suo catamarano non l’abbia presa benissimo. Tutta questa gente disperata, compreso Gigi la Frottola, Di Maio, pare indefessamente decisa a lasciare l’Italia come del resto aveva promesso: a bordo di un volo Charleston, sono atterrati al JFK di New York, destinazione Central Park. Hanno citofonato “Bob Saviano”, ma non ha risposto nessuno. Voci informate però avrebbero sentito un bofonchiare scocciatissimo: “Uhè, e mo’ che vonno tutte ‘sti immigrat emmerd?”.
Max Del Papa, 28 settembre 2022