Premetto di non essere ostile ai vaccini: ne ho anzi avuta settimane fa una prima dose e tra pochi giorni la seconda. Non mi convince neppure lo “stile paranoide” dei cosiddetti movimenti no vax. Ma non sono così sprovveduto da ignorare che non c’è stato tempo sufficiente per testare i vaccini anti Covid e che i topi di laboratorio siamo un po’ noi che ci vacciniamo. E non ho neppure “fede” nella scienza: come non l’hanno tutti i principali epistemologi contemporanei, a cominciare dal grande Paul Feyerabend, che non solo era “contro il metodo”, ma aveva per tempo detto “addio alla ragione”, per citare due suoi titoli famosi. Per questo rimango allibito nel vedere il trattamento riservato a chiunque si limiti a porre questioni e dubbi sui vaccini: è toccato da ultimo al possibile candidato del cdx al Comune di Roma, Michetti, reo di aver paragonato i vaccini al doping, e persino a Santoro, che in una trasmissione tv è stato azzannato per avere posto delle domande di senso comune.
Ebbene dovremo abituarci a questa novella caccia alle streghe, al dissidente, a chi osa anche solo mettere in discussione l’efficacia reale del “nuovo Dio”. Dovremo abituarci perché, come ha detto Ursula von der Layen, “siamo entrati nell’era delle pandemie”, altre ne seguiranno, forse anche più violente del covid e tutte richiederanno un “intervento eccezionale dei poteri pubblici sulla sanità”. E non solo sulla sanità, sui nostri corpi e sul loro movimento, in pratica sulla comunità politica. Ursula è tedesca come Carl Schmitt e involontariamente ha finito, nella sua intervista al Financial Times del 20 febbraio, per rievocare la famosa teoria dello “stato di eccezione” resa celebre dal giurista tedesco.
L’era delle pandemie richiede quindi uno stato d’eccezione permanente, sperimentato in questo anno e mezzo di lockdown. In cui i vari governi hanno messo alla prova una nuova forma di “governamentalità” fondata sul totale controllo dei corpi da un lato e su una nuova ideologia, che chiamiamo “sanitocratica”. Questa nuova ideologia, come tutte le ideologie, non ammette dissidenze o dubbi. Poiché il valore supremo della comunità politica non è più la libertà ma la “salute pubblica” dei singoli corpi, chiunque osi mettere in dubbio la legittimità ma soprattutto l’efficacia delle pratiche e dei discorsi sanitocratici finisce immediatamente demonizzato ed ostracizzato: cioè posto al di fuori della comunità. Viene messa in discussione la possibilità stessa di esprimersi ovvero, se questa viene consentita, è solo per ridicolizzarlo e incasellarlo in recinti semantici poco contigui tra loro. Chi “critica i vaccini” viene sempre infatti accusato di essere prossimo alla “estrema destra”, di essere “populista” fino al grado estremo di demonizzazione per il discorso sanitocratico: chi critica i vaccini è solo “malato” ma di mente.
Prepariamoci, dicevo, perché siamo entrati nell’era delle pandemie. E nella sua forma di governo che, apparentemente mantiene le forme della democrazia liberale ma in realtà va appellata con il suo vero nome: una post-democrazia bio-politica.
Marco Gervasoni, 27 maggio 2021