Olaf Scholz e Macron, che prima dell’avvio della “operazione speciale” in Donbass avevano cercato di portare a più miti consigli Putin, sanno infatti che lo Zar può essere imprevedibile. E che tirare la corda può diventare pericoloso. Se poi l’obiettivo è quello di raggiungere un accordo negoziale, mettere nell’angolo chi ha un bottone atomico in mano non è mai una buona idea. Erdogan ieri ha telefonato a Putin, gli ha chiesto il “cessate il fuoco”, ma ha anche mandato un messaggio critico a Washington: “Se bruciamo tutti i ponti con Mosca, come faremo a trattare?“. Il timore infatti è che il Cremlino, messo sullo stesso piano di dittatori come Nicolas Maduro, Bashar al Assad o Saddam Hussein, sentendosi nel mirino, lasci il tavolo dei negoziati o alzi di molto la posta in palio. Rimandando, magari, la fine della guerra.
Stamattina ai cronisti che gli chiedevano se intendesse cambiare il governo di Mosca, Biden è stato costretto a rimangiarsi le parole ed ha risposto con un secco “no”. Ma quel che è fatto è fatto. E la gaffe resta.