Dai morti ai tamponi: cosa non torna sui numeri Covid

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Io non sono né virologo né negazionista per nulla, ma lavoro con i numeri e li osservo attentamente. Il virus circola in tutto il mondo anche in posti incredibilmente segregati da minuscole isole dei Caraibi o della Micronesia, alle isole Faer Oer, alla Groenlandia, a tutti i paesi africani non certo caratterizzati da turismo vacanziero. In moltissimi per non dire tutti questi paesi si osservano empiricamente (ripeto non da virologo, ma da analista di numeri) alcuni “pattern” ripetitivi.

1. I decessi (non i casi che sono non probanti come detto sopra) crescono per 30-45 giorni, e poi decrescono per 60-90 in modo meno rapido. Questo è stato vero in Europa, nei singoli diversi stati Usa, in Svezia, nei singoli Stati federali brasiliani e in tutti gli stati del Sudamerica che hanno visto le maggiori diffusioni di casi e decessi finora. C’è da chiedersi visto che i lockdown, le strutture sanitarie, e le scelte dei vari governi (o comitati tecnici scientifici) siano molto molto diverse perché il risultato in termini di curva decessi sia molto molto simile.

2. L’incidenza dei decessi sulla popolazione cioè morti per milione di abitanti, (che a me pare essere il parametro sintetico più chiaro e indisputabile nella gestione del virus), arriva a un numero compreso tra 500 e 800 (un intervallo relativamente contenuto) e poi si ferma. Incidentalmente gli unici casi al mondo dove l’incidenza dei decessi è significativamente superiore ad oggi sono la Lombardia, New York e gli Stati della costa est Usa, e Madrid. Tutti questi luoghi condividono un errore gravissimo ormai capito ed evitato e cioè il ricovero anche temporaneo di casi Covid in Rsa. In questo caso i decessi per milione di abitanti schizzano oltre 1500 e fino a 2000. Sarà un caso ma in tutti ma tutti i territori al mondo senza questo errore ormai evitato in modo accurato in tutto il mondo, i decessi si fermano sotto 700 per milione e non salgono più. Non essendo virologo non azzardo spiegazioni, ma osservando i dati, visto che è sempre così, vorrei che gli illustri virologi spiegassero perché è così, visto che il dato è abbastanza incontestabile.

3. I luoghi dove l’incidenza dei decessi è marcatamente inferiore a 500 per milione sono la Germania, che resta il best case di gestione sanitaria, economica e sociale del Covid, Norvegia alcuni paesi dell’est Europa. Il Giappone (motivo ignoto) la Corea del Sud e la Cina che hanno adottato politiche di tracing e di lockdown molto più efficaci. Prima di tacciare Brasile, Usa e Svezia di risultati drammatici per scriteriate politiche negazioniste, forse basta una rapida consultazione di www.worldometers.com dove è evidente che i risultati relativi in termini di mortalità sono molto molto simili… e le curve di evoluzione della mortalità anche molto simili all’Italia che non è per nulla best in class sul parametro chiave.

4. Il rapporto tra tamponi, casi e decessi. Ci sono alcuni paesi al mondo molto piccoli o molto ricchi che hanno fatto tamponi a tutta la popolazione e anche ormai in 1 o 2 casi 2 tamponi per abitante. È plausibile e ovvio che la capacità di rilevare i casi se si tampona il 100% della popolazione cresce o arriva molto vicina alla realtà. I paesi di cui parlo sono le isole Faer Oer, Lussemburgo, Islanda, Bahrein, Dubai. In ciascuno di questi casi sono stati fatti tamponi pari a oltre 70% della popolazione. Se prendiamo per “buono” il rapporto tra decessi e casi rilevati in questi paesi l’indice di mortalità (ifr) da Covid è tra lo 0,25% e lo 0,50%. Per riferimento la mortalità per influenza normale è intorno allo 0,10% cioè 1/3 o 1/5 rispetto a Covid con distribuzione del tutto analoga al Covid per fascia di età vale a dire fortemente concentrata su anziani e su comorbilita varie. Sempre per riferimento è ormai dimostrato che sotto i 50 anni la mortalità Covid non è zero, ma è del tutto trascurabile e riguarda un numero veramente infinitesimo di casi. Il Cdc americano stima il dato ifr a 0,26% ovviamente dipendente da anzianità della popolazione, razza (il dato per afroamericani sembra molto superiore ai caucasici) e qualità della risposta sanitaria (oltre che come detto dagli errori fatti in termini clinici). Se per fare qualche calcolo numerico puntuale ipotizziamo un più conservativo 0,4% arriviamo con 600 decessi per milione a una incidenza dei casi in Europa pari al 15% (ifr =0,4%) 0 anche 24% (ifr = 0,26%) del totale popolazione circa, numeri che crescono tendo conto che da 0 a 14 anni il Covid è totalmente  irrilevante.

5. L’immunità di gregge. È stata fatta molto polemica su questa ipotesi, ma a me pare che alla fine si vada, in modo molto diverso verso questo scenario con una importante correzione che molti studi recenti sembrano evidenziare. L’esistenza delle cosiddette cellule t sembra rendere suscettibile a sintomi gravi della m della malattia non il 100% della popolazione ma una quota molto inferiore forse il 50% o anche meno. Gli studi sono molto preliminari e l’evidenza scientifica ancora debole, ma, se fosse confermato, l’immunità di gregge, cioè l’impossibilità per il virus di crescere in modo esponenziale, verrebbe raggiunta con una % di casi intorno al 20-30% e non come ipotizzato ad aprile al 60-70%. Ancora una volta da semplice analista di numeri osservando che ifr è probabilmente intorno a 0,3-0,4%, osservando anche che in nessun caso al mondo (salvo errori di gestione non più ripetibili) si va oltre 600-800 decessi per milione di abitante, e infine osservando che la recente esplosione di casi in Spagna e Francia (tra pochi giorni accadrà realisticamente anche in Italia) non corrisponde minimamente a un incremento di decessi come era successo in primavera, ripeto solo da un punto di vista empirico e non scientifico forse si puo’ avanzare l’ipotesi che il numero di casi non sia l’indicatore più efficace per gestire le scelte. Invece in tutta la stampa italiana si parla di casi e non dei parametri di controllo veri e significativi che sono le terapie intensive e i ricoveri.

6. Le terapie intensive. I letti di terapia intensiva in Italia sono circa 8000. A questi si sono aggiunti circa altri 8000 (pare.. dati non noti) di terapia sub-intensiva. A New York hanno definito livello di guardia un’occupazione di letti (causa Covid, NON  con Covid, è diverso…) del 30%, per lasciare il residuo 70% ad altre patologie che esistono e vanno curate ovviamente. In Italia ci sono circa 3500 morti per incidenti stradali l’anno, altrettanti suicidi, e oltre 200.000 mila morti l’anno per cancro solo per mettere in prospettiva i 3000 morti Covid l’anno al ritmo di 10 decessi al giorno. Quindi Il 30% dei letti disponibili senza danneggiare la capacità sanitaria è 2400 letti. Siamo adesso a circa 120… cioè l’1,5% del totale e il 5% del limite autoimposto. Forse andrebbe sottolineato. L’altro dato indispensabile è la permanenza in terapia intensiva e il numero di nuovi ricoveri giornalieri. Questo perché calcolando il numero di ricoveri giornaliero in % dei casi rilevati o calcolati per induzione si puo’ stimare l’incidenza della terapia intensiva sui casi Covid. Clamorosa la sovrastima dichiarata dalla fondazione Bruno kessler a fine aprile. Si ipotizzavano 151.000 casi terapia intensiva il che paragonato ai 120 attuali è un moltiplicatore di circa 1200 volte. Tenuto conto che negli ultimi 10 giorni ci sono stati medicamente 1300 casi (rilevati, in realtà probabilmente il doppio o il triplo) significa ipotizzare nei calcoli circa 1,5 milioni di casi al giorno rilevati o 3-4 milioni al giorno di casi reali a Giugno. La famosa Italia di 260 milioni di abitanti…

In ogni caso noi cittadini leggermente numerici vorremmo sapere quanti ricoveri ci sono ogni giorno, quante dimissioni e quanto dura la permanenza media in terapia intensiva. Lo chiede con insistenza il prof Puglisi dell’Università di Pavia (che come me lavora sui numeri e non sulla clinica) da giorni e giorni ma nessuno si degna nemmeno di spiegare perché questo dato non sia disponibile.

7. Lo stesso vale per i ricoveri in ospedale. Stessa identica logica. Quanti ricoveri, quante dimissioni, quale permanenza media. Per avere riferimenti io guardo il Belgio e la Francia che pubblicano i dati giornalmente, e con grande dettaglio regionale. Identico risultato e conclusione empirica deduttiva. I casi sono moltiplicati per 5 o 6 e i ricoveri/terapie intensive sono sostanzialmente stabili o crescenti di molto poco. Il che porta a pensare che siano incrementati non i casi ma la capacità di rilevazione dei casi. Fossero disponibili i casi singoli (secretati per nome ovviamente) come auspica il prof Puglisi, l’analisi sarebbe immediata e facilissima. Poiché non sono disponibili siamo alla speculazione e all’inferenza indiretta, ma ci si chiede se l’unica autorità delegata a pensare sia il Cts e i suoi consulenti che hanno sbagliato, cambiato idea, non si sono espressi oppure se forse possiamo pubblicamente esprimere un opinione anche noi, comuni mortali e dotati di capacità sicuramente inferiori ma non del tutto annullate. Resta il fatto che i letti con ricoveri Covid oggi sono circa 1500 cioè l’1% del totale. In crescita dai 700 letti al punto di minimo

In sintesi io vorrei che ogni giorno fosse pubblicato non tanto e non solo il numero di casi (che dichiaratamente deve essere indicato come una pesante sottostima del numero vero) e di tamponi  ma:
– numero di entrate e dimissioni in ospedale
– numero di entrate e dimissioni in terapia intensiva
– % letti occupati Covid e ti per regione
– durata media e mediana della durata ricovero normale e ricovero in ti per causa Covid
– distinzione accurata tra decessi con Covid rispetto a per causa Covid.

Giovanni Cagnoli, 11 settembre 2020

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