L'inattuale

Dal Vangelo secondo Hamas

Probabilmente ha ragione Elena Lowenthal; questa è la guerra più difficile che Israele debba combattere dall’inizio della sua travagliata lotta per l’esistenza. Difficile poiché viziata da un pregiudizio comunicativo come mai ve ne sono stati in precedenza, complice ovviamente l’evoluzione dei mass media. Israele si trova a dover fronteggiare due offensive, una non meno temibile dell’altra: quella militare di chi ha come unico obiettivo la sua cancellazione e quella mediatica di chi vede nello Stato ebraico l’unico eterno colpevole delle morti e dei massacri che insanguinano quelle terre un tempo sante.

L’ultimo caso riguarda il valico di Karem Shalom, dove si contano molti morti nel luogo dove dovevano arrivare degli aiuti umanitari. Hamas accusa le truppe dell’esercito israeliano di aver sparato sulla folla uccidendo un centinaio di civili. La versione di Israele parla invece di morti causate dal parapiglia che è seguito all’assalto dei furgoni carichi di aiuti da parte della popolazione in fuga; dalla calca e dal caos che ne sono derivati molte persone sarebbero morte schiacciate e investite dai camion che cercavano di evadere dall’assalto. Il mondo, tuttavia, si è subito mostrato pronto a condannare Israele sposando senza beneficio del dubbio la versione di Hamas.

Gli stessi che avevano prima denunciato il bombardamento di un ospedale a Gaza, salvo poi dire che quel missile apparteneva a loro. Senza che alcuna incognita le vizi, le colpe di Israele sono sempre evidenti. È già successo in passato. Come non ricordare i fatti di Deir Yassin nel 1948; durante lo sgombero di un villaggio arabo (ove erano presenti soldati ben armati) le truppe ebraiche consegnarono i civili rimasti ai britannici. Seguì nell’immediato un conflitto a fuoco dove rimasero uccise molte persone. Gli arabi dissero che gli israeliani avevano iniziato a sparare sulla folla, mentre le truppe regolari riferirono che si trattava di una risposta al fuoco iniziato dagli arabi stessi. L’indignazione del mondo si abbatté però solo e soltanto su Israele.

O il massacro di Tantura, sul quale dopo quasi settant’anni non si è ancora arrivati ad una verità unanime. Anche qui si accusò una brigata israeliana di aver massacrato dei civili inermi senza tuttavia che vi fossero testimonianze attendibili o riscontri certi.

O il tristemente sempre evocato massacro di Sabra e Shatila del 1982, che qualcuno si ostina ancora ad attribuire ad Israele nonostante al tempo non ci fosse nemmeno un ebreo in quella zona di Beirut. L’eccidio fu compiuto dai cristiani maroniti in risposta all’omicidio del loro capo di Stato Gemayel, ammazzato dai palestinesi. Le colpe di Israele superano sempre, per gravità e dimensioni, quelle dei suoi aggressori. Il fatto che a morire siano i civili non implica una maggiorazione della crudeltà, se lo Stato ebraico non avesse sistemi di difesa militari così avanzati forse nelle città israeliane si conterebbero tanti morti quanti ve ne sono a Gaza.

È una questione di superiorità militare. Ma si sa, la mente collettiva oggi è emotiva. Si ferma al mero dato visibile senza indagarne le cause o ponendosi dei dubbi. La guerra è un fenomeno complesso, forse troppo complesso perché gli emotivi possano comprenderlo. Essi si limitano ad indignarsi. E a prendere per buone le parole di un gruppo di assassini fanatici. Provare a capire, per loro, è troppo difficile.

Francesco Teodori, 3 marzo 2024

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