Dopo il lusso ed il turismo, è il turno dell’industria italiana del futuro. Letteralmente un asset strategico per il nostro Paese, se solo consideriamo il fatto che rappresentiamo la settima potenza manifatturiera a livello mondiale, nonché l’apparato che meglio si è ripreso, rispetto agli altri Stati europei, dal colpo dato dalla crisi pandemica. Ne hanno parlato con Nicola Porro sul palco del teatro Petruzzelli di Bari: Marco Bonometti, Presidente e Amministratore Delegato Officine Meccaniche Rezzatesi; Mario Rossetti, Amministratore Delegato e Direttore Generale Open Fiber; Pietro Labriola, Amministratore Delegato e Direttore Generale Tim; Diego Cattoni, Amministratore Delegato Autostrada del Brennero.
“Giorgia Meloni è una grossa fortuna”
La tavola rotonda è iniziata subito col botto, con Marco Bonometti che ha elogiato l’esecutivo di Giorgia Meloni definendolo come una “grossa fortuna”. Il Presidente del Consiglio è riuscito a raccogliere l’eredità di Draghi, tutelando il settore manifatturiero in Europa, che ancora oggi si colloca al secondo posto a livello europeo. Risulta quindi necessario, per Bonometti, riscoprire “l’orgoglio nazionale ed il valore patrio di questa Nazione”. Ed è solo così che è possibile “condividere con gli altri Paesi comunitari un progetto industriale comune”.
L’Ad di Officine Meccaniche Rezzatesi ha poi incentrato il discorso sul Green Deal europeo, un progetto eco-sostenibile che però non si accompagna alla sostenibilità economica. Rimane quindi necessario prima risolvere la crisi energetica in atto, per poi procedere alla fissazione di obiettivi green a livello mondiale, visto che Cina, India e Stati Uniti rappresentano la principale “minaccia” alla tutela dell’ambiente. Soprattutto Pechino, che ha ricominciato a produrre con l’apertura delle centrali a carbone. C’è quindi il rischio che “le nostre aziende non siano più in grado di competere“, ha ancora ribadito Bonometti. Il discorso si è poi riversato sull’azienda privata, lamentando – come già fatto nella scorsa tavola rotonda da Guido Grimaldi – l’assenza di manodopera. Bonometti sta infatti cercando 200 persone a Brescia: “Sapete che non ne trovo una?”.
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La crisi delle telecomunicazioni
La parola è poi passata a Pietro Labriola, Amministratore Delegato e Direttore Generale Tim, che ha rimarcato il carattere ormai “superato” del progetto industriale europeo, sostituito dallo sviluppo economico e dalla globalizzazione. L’apertura alla concorrenza nel settore delle comunicazioni, nel corso degli anni ’90, ha avuto successo, dando modo ai clienti di scegliere tra più operatori. Questo sistema, però, ora è entrato in crisi e Labriola la illustra con un esempio plastico: “Immaginiamo il mondo delle autostrade. Uno costruisce la A14, ma il numero dei clienti non aumenta: allora che senso ha costruire accanto all’autostrada un’altra A14? Il numero delle macchine rimane lo stesso, ma lo divideremo in due autostrade”. Questo è successo nel settore telecomunicativo.
Dopo l’Enel, Tim è la seconda azienda italiana per investimenti, con circa 3,3 miliardi di euro. Nel tempo, spiega Labriola, si sono formate moltissime aziende (120 europee contro le 3 americane) nell’ambito delle telecomunicazioni, ma il numero dei clienti – appunto – è rimasto lo stesso. Ed è da qui che sorge l’attuale crisi nel mondo della telecomunicazione, che di getto rischia di portare ad una crisi della digitalizzazione.
Il caso autostrade
La crisi della manodopera italiana è stata anche sottolineata da Mario Rossetti, Amministratore Delegato e Direttore Generale Open Fiber, il quale ha confessato come nel comparto telecomunicazioni manchino almeno 5.000 lavoratori. Rossetti è poi tornato ad affrontare il problema della mancanza di lavoro, un fattore che si scontra con quello sociale, dove ad oggi abbiamo un numero di disoccupati al minimo, se consideriamo gli ultimi 10 anni, ma al massimo se si guarda la fascia giovanile fino ai 29 anni. Una vera e propria polarizzazione generazionale.
Alla fine della tavola rotonda si è poi tornati ad affrontare il settore autostradale, con le analisi di Diego Cattoni, Amministratore Delegato Autostrada del Brennero spa. Nel 1970, spiega l’Ad, eravamo il primo Stato europeo per chilometri autostradali (circa 6mila). Ad oggi, lo scenario si è ribaltato: al primo posto, c’è la Spagna con 15mila chilometri, poi la Germania con 14mila ed infine la Francia con 12mila. L’Italia è ancora sotto la soglia dei 7mila. Nel frattempo, però, “il mercato è esploso” con il Bel Paese che ha mantenuto un sistema di rete autostradale “vecchio ed estremamente complesso“. La mobilità italiana, in definitiva, non appare capace di sopportare questa esplosione di traffico avvenuta negli ultimi decenni ed in continuo crescendo. Un ragionamento che ha portato Marco Bonometti alla battuta: “Ci penserà Timmermans a risolvere il problema”, che poi sbrocca pure sull’auto elettrica: “Una macchina solo per ricchi!”.