Poteva mica l’universale Dante Alighieri non scatenare universali prove di ridicolaggine zelante a 700 anni dalla morte? No, ovviamente. Non era evidentemente sufficiente il Covid per ferire la degna celebrazione della ricorrenza. Giungono in soccorso anche le milizie del politicamente corretto sparse qui e là. Così arriva dall’Olanda la notizia di un’iniziativa assunta da una casa editrice, la Blossom Books, che ha pubblicato un’edizione della Divina Commedia proprio in ossequio all’anniversario. Solo che il lavoro manca di una parte, e non è difficile indovinare di quale si tratti. Quella sulla dannazione di Maometto, che Dante descrive il ventottesimo canto dell’Inferno, attraverso una rappresentazione orripilante: il profeta dell’Islam, infatti, appare squarciato nel petto, mutilazione che ripercorreva, per contrappasso, quella inflitta in vita dai seminatori di discordia, tra i quali il Sommo Poeta l’aveva collocato. Quei versi, dunque, nella nuova traduzione olandese mancano.
L’editore ha giustificato la sua scelta con il fatto che potrebbero risultare “inutilmente dannosi”. Un’iniziativa che deturpa un capolavoro, superando qualsiasi livello di zelo. Tanto che lo scrittore Abdelkader Benali, intervistato dallo Standaard, ha definito tutto questo “uno sfortunato inchino per evitare problemi che molto probabilmente non si sarebbero verificati”. Benali è un autore non credente, ma appartenente ad una famiglia di origini marocchine (poi trapiantata in Olanda) e di solida fede musulmana. Ha aggiunto: “ho controllato alcune traduzioni in arabo della Divina Commedia. I traduttori moderni si limitano a lasciare il passaggio, spesso con note a piè di pagina che spiegano come l’immagine vada contestualizzata nel suo tempo”. Ossia il 1300. Se persino uno scrittore cresciuto in un ambiente di osservanza musulmana si pronuncia in questo modo, ben si comprende quale sia il livello di autoflagellazione cui si sottopone l’Occidente, oramai avvezzo alla cancel culture preventiva. Piegando il valore di un’intangibilità di un’opera d’arte a quell’oscurantismo che, con la scusa del rispetto dell’altro simbolo di pace, compie la violenza più efferata: privare della memoria le generazioni presenti e future.
Pietro De Leo, 25 marzo 2021