David Donatello, ecco il “regime”: Riondino e Cortellesi, cinema a pugno chiuso

Confermata la perennità egemonica della sinistra nel cinema

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Cortellesi Riondino Garrone

La liturgia, del genere grottesco lugubre, per i David di Donatello ha confermato la perennità egemonica della sinistra. Officiata dal presidente di sinistra che ha fatto un discorso apparentemente istituzionale, in realtà molto chiaro per chi ha voglia di intendere: il cinema è faccenda di sinistra, altre voci, altre ispirazioni non rilevano, non vanno calcolate, e in quanto di sinistra il cinema deve essere lasciato libero – nessun controllo, dice Mattarella, almeno in questa circostanza – di sviluppare la sua propaganda, si capisce adeguatamente sovvenzionato dallo Stato che anche in questo modo alimenta se stesso.

Perché lo Stato è tale se di sinistra, retto da un potere di sinistra. Altrimenti diventa, nella migliore delle ipotesi, una vacatio da risolvere appena possibile. Tutti gli intervenuti, premiati e non, sono scattati in piedi come in una coreografia sovietica ed erano proprio i propagandisti del potere moralistico e pseudovaloriale di sinistra, le Cortellesi del femminismo narcisisticco, i Garrone dai pipponi solidali, c’era perfino, anche lui debitamente gratificato, il fino a ieri sconosciuto Michele Riondino del quale siamo qui a parlare non per le sue operine servili ma per la trovata, originalissima e ardita, del La Russa appeso sui social per i piedi. Ha detto uno di questi, il comico che si è montato la testa Albanese, in uno slancio zdanoviano: “Non riesco a trattenere l’emozione di trovarmi qui al cospetto del mio presidente”. Ed era tutto sudato.

A questo punto ogni cosa è chiara e indiscutibile e non c’è neppure bisogno di scenari distopici tipo l’ex camerata sulfureo Ignazio che, alla Fantozzi, in maglietta di Che Guevara ringrazia l’umanità del Riondino e promette la standing ovation per Togliatti, non c’è bisogno di immaginare la premier, i suoi fidi e i militanti del partito a rendere omaggio in qualche mausoleo comunista a passo dell’oca. È tutto acquisito e indiscusso: vi prego stiamo uniti, granitici nel potere, lasciateci godere questo sogno ancora per qualche mese e poi passeremo la mano, come sempre, a voi che conducete la danza, nella burocrazia interna ed europea come nel deep state, nelle università come nel cinema. Potete appenderci come volete, diffamarci come vi pare ma noi non vi creeremo fastidi e per pietà voi non createne troppi a noi.

È immutabile come il gramscismo degli affari questa liturgia dei premi militanti a registi improvvisati, attori cani, artisti che non emozionano, comici che non divertono, ringhiosi, mesti come sindacalisti, per filmetti da morire di noia, che nessuno va a vedere, ma questo non interessa, se mai faranno, tutti insieme, una legge, un ricatto, un greenpass per spedirci al cinema come già per il presidio vaccinale. È perenne la messa cantata del potere culturale di sinistra, alla presenza di ministri di destra, anche loro emozionati e stravolti come Albanese, e autorizza certi siti patetici, pieni di pubblicitari in ruolo di apprendisti giornalisti, a cronache anche demenziali dove si invita l’eroe del giorno Riondino “a ritirare il premio al contrario”, per dire insistere con l’oltraggio al venerabile La Russa, e si arriva a pretendere tanto di cavalierato per l’ennesimo microbo artistico a caccia di una candidatura (i finanziamenti pubblici per la sua pellicola destinata a immediato oblio, già li ha ottenuti).

Una proposta più stupida che surreale, ma se l’ultimo ragazzino in fregola propagandistica la può fare è perché sa che, nel Paese dei Balocchi, non suona irragionevole come dovrebbe. Se si pensa che c’è chi invoca una candidatura per un tale Gennarone, rapper sportellista all’Inps di Foggia, la cui “provocazione culturale” sarebbe grufolare un insulto quasi incomprensibile alla premier, roba miserabile, di una angoscia, una pena infinita, da bettola del sabato sera, mentre due “coriste” sovrappeso quasi quanto lui si contorcono in movenze anchilosate.

Mattarella dopo l’altra “provocazione culturale” del Riondino ha telefonato a Ignazio per esprimergli solidarietà, come fa sempre, ma immediatamente dopo ha sciolto la sua benedizione per chi lo aveva così rozzamente provocato, quasi minacciato. Quindi il Riondino ci aveva visto lungo, sapeva cosa faceva e dove lo avrebbe portato. Davvero ci stupiremmo se, domani, il Capo dello Stato insignisse con uno dei suoi sorrisi ghiacci lo sconosciuto ragazzino, oggi eroe culturale del giorno, smaltita l’overdose di Scurati, di Mira, di Murgia rediviva, di tutti questi spaventapasseri che di culturale hanno niente, gonfi solo di una spocchia imbarazzante, insopportabili più per la pochezza che per l’arroganza, per quel servilismo di infantile meschinità?

Max Del Papa, 4 maggio 2024

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