Milano, ore 14 e 50 di ieri, il feretro di Silvio Berlusconi, scortato da un picchetto d’onore, passa davanti a Palazzo di Giustizia, diretto al Duomo, dove lo attendono migliaia di persone, il Presidente Mattarella, i vertici del governo e le più alte cariche delle istituzioni italiane. Per rendergli onore, come si conviene, a un padre della patria.
Milano, sempre ore 14 e 50, il magistrato Pier Camillo Davigo, uno dei protagonisti, fin dalla prima ora, della caccia giudiziaria a Berlusconi organizzata dentro le mura di quel palazzo, dalla sua casa milanese, osserva quell’immagine in diretta TV, in attesa, però, di sapere se il Tribunale di Brescia accoglierà le richieste fatte poche ore prima dai pm di mandarlo in galera, per un anno e quattro mesi.
Si dice che il tempo sia galantuomo, certamente ieri lo è stato, e la storia sta presentando i conti alla cronaca trentennale taroccata da magistrati, giornalisti e politici che hanno provato ad abbattere in tutti i modi Berlusconi e il suo mondo. Quello che è successo dentro e fuori il Duomo di Milano dimostra in modo inequivocabile chi era della parte del giusto e chi dall’altra. Il sogno italiano di Berlusconi, insomma, è rinato ieri dalle sue ceneri, con la benedizione ufficiale del capo dello Stato, non certo un berlusconiano, e con uno straordinario affetto di popolo. Ora sta a Giorgia Meloni aggiornarlo ai tempi difenderlo e indirizzarlo nella giusta direzione insieme a Matteo Salvini e ad Antonio Tajani.
Mi piace pensare che Silvio Berlusconi abbia deciso di traslocare ad altra vita solo dopo aver messo “le cose a posto” – direbbe lui – o comunque aver visto che le cose si stavano mettendo a posto di loro, secondo un piano che non era esattamente quello che avrebbe voluto, ma molto gli assomigliava”. Per il Cavaliere si tratta di un riconoscimento tardivo, ma è pur sempre una straordinaria benzina per far funzionare ciò che ha lasciato in eredità, cioè per un’Italia liberale e conservatrice da contrapporre una sinistra che ancora non ha fatto i conti fino in fondo con il suo passato comunista e che anche in queste ore lo sta dimostrando. In quanto all’uomo Silvio Berlusconi, beh, mi affido alle parole con cui l’arcivescovo Delpini ha concluso ieri la sua omelia. Silvio è un uomo che ora si trova al cospetto di Dio. Da Davigo a Dio, un bel salto, finalmente sulla strada un giudice terzo e corretto.