Il mercato bloccato, la resistenza al cambiamento, l’aumento di immatricolazioni di vetture a benzina e diesel. I talebani della religione green hanno dovuto fare i conti con parecchie batoste in relazione alle auto elettriche e gli ultimi aggiornamenti non lasciano ben sperare. Anzi. Come tutti ben sappiamo, a luglio sono entrati in vigore i dazi da parte dell’Unione europea nei confronti dei veicoli alla spina prodotti dalle case automobilistiche cinesi, basti pensare a Byd e MG. I risultati di questa mossa? Lo scenario delineato dalla ricerca di Dataforce è drammatico: le immatricolazioni di nuovi veicoli elettrici provenienti dalla Cina sono calate del 45 per cento rispetto a giugno nei Paesi membri dell’Ue.
Ma attenzione anche agli altri sviluppi sul fronte sicurezza, altra nota dolente per le auto elettriche. Come evidenziato da Milano Finanza, Bmw ha richiamato 1,36 milioni di veicoli in Cina a causa di airbag difettosi. Entrando nel dettaglio del malfunzionamento, il richiamo concerne i modelli sia prodotti localmente che importati. In base a quanto stabilito dall’autorità di regolamentazione del mercato cinese, il sistema di sicurezza difettoso potrebbe esplodere e lanciare detriti all’interno dell’abitacolo, con l’ovvio rischio di ferire i passeggeri. Le riparazioni verranno effettuate gratuitamente, ha reso noto Bmw, che già in passato ha dovuto fare i conti con problematiche di questo genere: appena a luglio aveva richiamato 400 mila veicoli negli Stati Uniti per lo stesso motivo.
Maxi richiamo necessario anche per Ford, sempre per questioni legate alla sicurezza. L’azienda ha richiamato 85 mila SUV Explorer negli Stati Uniti per un problema al motore delle elettriche che potrebbe causare incendi. La criticità chiama in causa i modelli prodotti tra il 2020 e il 2022, equipaggiati con motori ibridi e gas da 3,3 litri. Ma non è tutto. Secondo la National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), molti veicoli sono in dotazione alle forze dell’ordine a stelle e strisce.
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Insomma, il momento non è dei migliori per i talebani delle elettriche, da sempre in prima linea per promuovere l’utilizzo delle costose auto alla spina e per archiviare i veicoli a benzina e diesel, brutti e cattivi per l’ambiente. A tutto ciò bisogna aggiungere le ultime novità legate alla Volkswagen, che ha deciso di rivoluzionare nuovamente i suoi piani. Tra le case automobilistiche più entusiaste della transizione ecologica, quella di Wolfsburg ha messo in stand-by l’ambizioso progetto Trinity, valore (originario) di 2 miliardi di euro: un tempo previsto nel 2026, è stato posticipato al 2032 secondo le ultime indiscrezioni. E non solo: con il cambio di Ceo da Herbert Diess a Oliver Blume, sono stati cestinati schizzi e bozze, trasformando l’auto da ammiraglia a Suv. Non si tratta di una notizia da sottovalutare, considerando la propaganda degli ultimi anni: il progetto Trinity è stato venduto per la produzione di una gamma di auto a batteria su una piattaforma inedita, capace di fondere a livelli inediti la componente meccanica con quella software.
Il rallentamento della vendita di auto elettriche aveva già spinto Volkswagen a ridurre l’obiettivo di ritorno operativo sulle vendite per l’intero anno e soprattutto a valutare la possibile chiusura della fabbrica Audi a Bruxelles. Dito puntato sulla bassa domanda di elettriche di fascia alta, tale da rischiare di celebrare un record: si tratterebbe infatti della prima chiusura di uno stabilimento Volkswagen da quasi quarant’anni, considerando che l’ultimo impianto chiuso dal colosso tedesco resta quello di Westmoreland, in Pennsylvania, nel 1988. Si salvi chi può.
Franco Lodige, 18 agosto 2024
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