A Bologna, in occasione del Gay pride unitario chiamato “Rivolta Pride” che si terrà dal 26 giugno al 3 luglio, gli organizzatori hanno annunciato che sfileranno indossando una mitra vescovile e calpestando con vernice rossa i volti di vari personaggi tra cui Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Papa Francesco.
L’iniziativa, nata “per lanciare la settimana di mobilitazione femminista-transfemminista” che dovrebbe contrastare forme di odio, si trasforma essa stessa in una manifestazione di odio, lesiva dei principi democratici necessari per organizzare un evento pubblico e promuovendo comportamenti offensivi verso i cattolici e i leader di centrodestra. Colpiscono i toni del comunicato diffuso in cui le femministe spiegano che invaderanno “lo spazio pubblico” fino al 3 luglio per testimoniare “la nostra rabbia” contro gli attacchi definiti “misogini e omolesbobitransfobici”. C’è un passaggio in particolare che fa riflettere in cui si afferma che il “Rivolta Pride” quest’anno “assume connotati molto più radicali” a causa del dibattito sul ddl Zan.
Che cosa significa assumere connotati più radicali? Promuovere comportamenti e iniziative volte a reprimere la libertà di parola e di espressione dei cattolici? Come sottolinea il deputato bolognese di FdI Galeazzo Bignami: “Si dice che gli odiatori siano quelli di destra che vengono additati come intolleranti e omofobi, mentre quest’occasione è l’ulteriore dimostrazione che i veri odiatori sono altri e non hanno alcuna forma di rispetto per le opinioni altrui arrivando a calpestare le facce di chi la pensa diversamente da loro”.
Aggiunge Bignami: “Sorprende queste cose accadano sempre a Bologna che Lepore ha definito la città più progressista d’Europa, bisognerebbe però condannarle”. Molto probabilmente la sinistra preferirà far finta di nulla e partecipare al pride come se nulla fosse ma immaginiamo cosa sarebbe successo al contrario, se in una manifestazione cattolica si fossero calpestati con la vernice rossa i volti dei rappresentanti della comunità gay?