Terzo: si finisce per far naufragare il disegno di legge esclusivo e imprescindibile, non si fa neanche finta di elaborare il presunto lutto, e si passa subito all’incasso ideologico, l’urlaccio propagandistico contro la destra barbara e retriva. È la linea che dà subito il compagno segretario Letta su Twitter: “Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà”. Del resto, è quello che volevano da subito, e i manganellatori fucsia meno accorti come Monica Cirinnà lo avevano già dichiarato quest’estate: “Sì, voglio morire in battaglia insieme ai gay, ai trans, ai bambini libellula”. È la retorica della “bella morte” nella ridotta ultra-Lgbt (che non ha convinto molte esponenti storiche del femminismo italiano e anche molti omosessuali non intruppati), non a caso materiale attinto dall’immaginario della Repubblica di Salò, per dire il tasso di liberalismo e di disposizione al dialogo.
Sintesi inevitabile: per mesi abbiamo assistito a una strumentalizzazione conclamata, selvaggia, oggettivamente cinica e falsamente paternalista della causa omosessuale, culminata nello psicodramma di oggi al Senato e nel prossimo tormentone sui sovranisti che “hanno fermato il futuro”, logico sviluppo del tormentone antifascista tornato buono sotto elezioni. Come si vede, per questa gente i gay, le lesbiche, i transessuali e gli altri appartenenti alla galassia Lgbt rappresentano, nel migliore dei casi, quelli che Lenin chiamava “utili idioti” a disposizione del Partito. È fin peggio, che la mera omofobia.
Giovanni Sallusti, 27 ottobre 2021