Vuoi vedere che alla fine ad affossare la legge contro l’omofobia sarà il Pd di Letta e Alessandro Zan? In questo strano, ingarbugliato Paese, la possibilità si fa via via più concreta. Nella riunione di ieri tra i capigruppo di maggioranza, i partiti non hanno trovato alcun accordo. Non ci saranno mediazioni sul discusso disegno di legge: Pd e M5S hanno deciso di forzare la mano e confermare la calendarizzazione in Aula per il 13 luglio. Appuntamento alle 16.30. Una decisione che, ad oggi, rischia di affossare del tutto il testo: senza i voti del centrodestra, con Italia Viva ostile e l’incognita voto segreto, lo scontro è zeppo di insidie per gli ultras del ddl Zan.
“Letta insiste”, riassume la situazione in due parole Matteo Salvini. Dopo gli scontri degli ultimi mesi, le polemiche sul ruolo di Andrea Ostellari in Commissione, dopo gli show di Fedez in Rai e le sparate dei soliti vip politically correct, per il leghista “se la legge sarà affossata il nome di chi ha impedito che si arrivasse all’unità è Letta”. Il punto appare chiaro. Nei giorni scorsi da Italia Viva era arrivata una proposta di mediazione: scartare il ddl Zan e riesumare il vecchio testo scritto da Ivan Scalfarotto. Obiettivo: approvare un testo contro le discriminazioni omofobe, ma alleggerendolo di tutte le parti considerate “pericolose” dal centrodestra, dal Vaticano e da una buona fetta di cattolici (anche del Pd). Parliamo della definizione di “identità di genere”, che apre praterie interpretative sull’autopercezione di sé. Ma anche dell’articolo 4 sulla presunta libertà di espressione, che invece rischia di lasciare mano libera ai magistrati per bollare come omofobo chiunque esprima concetti banali come “i figli nascono da un papà e da una mamma”. Senza dimenticare l’istituzione di una giornata dell’omofobia con tanto di attività obbligatorie a scuola, criticata persino dalla Santa Sede con una “nota verbale” mai vista prima.
Per quale motivo Letta non abbia accettato la proposta di mediazione avanzata da Renzi e Italia Viva non è dato sapere con certezza. Ma gli indizi inducono a pensare che alla fine, in via del Nazareno, al desiderio di erigersi a paladini Lgbt abbia prevalso la voglia di fare uno sgambetto all’odiato Matteo Renzi. Accettando la mediazione di Iv, infatti, Pd e M5S avrebbero permesso l’approvazione a occhi chiusi di un testo contro l’omofobia, ma l’avrebbero data vinta all’ex sindaco fiorentino. Scegliendo la conta in Senato, invece, il rischio di cadere sotto i colpi dei franchi tiratori è altissimo, ma almeno resterà la soddisfazione del tiro mancino al leader di Iv. “Lo scontro frontale è un grande errore e chi lo porta avanti se ne assume l’esclusiva responsabilità”, avverte Davide Faraone. “Nel Pd ci sono dubbi e perplessità su alcuni punti”, ammette lo stesso Zan cui non resta che “incrociare le dita”. Se i senatori di Italia Viva votassero contro e i cattolici dem facessero altrettanto, ciao ciao disegno di legge. Senza contare che gli ex renziani rimasti all’interno del Pd hanno l’occasione perfetta per fare un dispetto a Letta. A partire dall’avvelenato ex capogruppo Andrea Marcucci, cui non è ancora andata giù la decisione del segretario di silurarlo in favore della Malpezzi.
In Aula insomma sarà il Vietnam. E se il ddl Zan dovesse cadere sotto i colpi del voto segreto, Letta risulterebbe responsabile della disfatta. Colpevole di aver barattato un (buon) compromesso col desiderio di fare a pugni con Renzi. Alla faccia dei diritti Lgbt.
Giuseppe De Lorenzo, 7 luglio 2021