Cultura, tv e spettacoli

De Martino palpato. E questa non è violenza sessuale?

La concorrente della Sicilia tocca il sedere del conduttore di Affari Tuoi: pubblico in visibilio. Se fosse successo l’opposto?

© Royyan Wijaya e khanisorn tramite Canva.com

C’era una volta un magistrato che mi insegnava, giuro: “Caro Del Papa, la legge è come la pelle dei cogl****: va dove la tiri”. Maestro, non mi mancherai mai abbastanza, mi hai insegnato tutto della giustizia, della cronaca giudiziaria e della vita. Per traslazione o sillogismo, essendo la legge uguale per tutti ma per qualcuno più uguale, si potrebbe dire che la palpata è uguale per tutti ma per qualcuno più uguale, cioè è come la pelle del cu***, va dove la tiri. Se la fa il povero Memo Remigi, ultraottuagenario, sul culetto di una aspirante popstar decaduta, che si rotola in terra, si atteggia a martire, peggio di santa Teresa d’Avila e Santa Ildegarda da Bingen, chiede e ottiene lo sputtanamento e la cacciata del vecchio reprobo dalla Rai, ergo la premiano spendendola al Grande Fratello dove brilla per smanacciate, però consenzienti, esibite, con un tale Luca.

Se la fa il tifoso che scucchiaia i glutei di una giornalista fuori dallo stadio, la quale subito si mette a girare per televisioni predicando contro lo “stupro percepito”, la dignità della donna, la sicurezza della professionista che informa, lei, mica cazzi, bella attillata discinta a beneficio social, mentre il criminale viene giustiziato con anni di galera, perde il lavoro, la famiglia, perde tutto, ma alla chiappa traumatizzata non basta, deve pagare, mi ha violentata dentro; beh, se succedono robette del genere, è inaccettabile, inaudito, dove andremo a finire, chiappetta mia, “maschio bianco tossico”, esce fuori Gino, il patriarcato, Raimo, i fasci da legnare, Salvini boia, Giorgia Meloni Hitler, “no al capitalismo”, “ebrei ai forni”, pro-Pal, “siamo tutti Hamas”, la tracimazione dal cu** al delirio universale via palude woke è inarginabile e consente la qualunque.

Se la rimpolpata la fa uno stilista venezuelano percepito e convertito alle palette del programma più trash del servizio pubblico, sulle palle di un ballerino, viene “perdonato”, perché la palpata omosessuale, specie in Rai, è come la legge che è come la pelle dei cog*** eccetera. Se infine la fa una concorrente di un programma a premi sui glutei tonici, tirati, gloriosi del conduttore Stefano De Martino, essendo da donna a uomo c’è gloria per tutti, simpatia, allegria, forse la candideranno col Pd o con la succursale dei Verdi a sinistra, con Ilaria Salis: quale curriculum migliore per spedirla a Bruxelles, praticamente un’allegoria?

Sic transit moralismus mundi. A ruoli, e chiappe, invertite, scatta l’Auschwitz; a chiappe invertite in un altro senso, scatta il perdonismo spazzatura; qui c’è una che ostentatamente allunga la mano sul cu** del bravo presentatore, in segno scaramantico e lo studio esplode di esaltazione, tipo plebe al Colosseo quando vedeva i morituri consegnati ad bestias. Qui le bestie sono i protagonisti, e non c’è dubbio che ne ricaveranno nuovo business, perché tutto è pubblicità, stante l’aforisma di Oscar Wilde che ormai regola la società, non solo dello spettacolo: “Parlate anche male di me, ma parlatene”. Se mai la variazione è “parlate solo male di me”, perché se c’è una cosa che fa soldi a questo segno è l’infamia, più uno è zozzo, incoerente, canaglia, mostro e più esce fuori da dio. E lo cercano, gli fanno girare la qualunque, trasmissioni, festival letterari, di preferenza dedicati a vittime vere di psicopatici infantili, social con cui diventare milionari fra selfie osceni e moralismi ancora più laidi.

Questo è il mondo che ci hanno o ci siamo apparecchiati, e ne va tenuto conto. C’è ancora una cosa, la concorrente che palpava i conduttori, superstiziosa, scaramantica, che gira col corno della fortuna, io mi gioco entrambe le pa***, con relativa pelle, che è una cattolica indefessa, va in chiesa, tifa Papa Francesco, si dice devota della Madonna dell’Incoronèta. Perché il gioco è chiaro, sta nel dire e fare tutto e il suo contrario, sta nell’essere per tutte le stagioni, mistici e blasfemi, anticristi cristiani, farabutti ma indignati. Il Vangelo una pagina sì e l’altra pure condanna l’idolatria? Chi se ne catafotte, io ho la mia religione, io sono coerente dentro. Forse non piacerà ai liberisti ultras come ai compagni da centro sociale, ma la verità è che l’unico divino qui è rimasto il soldo, a prescindere da come lo si è fatto. E lo idolatrano tutti, tutti. Vecchia, patetica, qualunquistica storia, direte voi. Sì, ma datemi torto, provate a smentire quanto vedete, constatate ogni minuto di ogni giorno.

Se razzoli come predichi sei un pirla, se ti sforzi di non fregare a nessun livello ti trattano da coglione, la politica è intermediazione finanziaria, l’informazione è prostituzione orgogliosa, sfacciata. Lo spettacolo, e che spettacolo, è un po’ la sublimazione di tutto questo, l’anello di congiunzione tra pianeti diversi, la fama come la prova di stampo protestante della benevolenza di Dio. Dite che non ogni fama è una buona fama? Meglio, più sei infame e più ne guadagni. La reazione da politici e rapper, per quanto su sponde opposte, ma che alla fine si uniscono, è la medesima, “io faccio il cazzo che mi pare, sono amico di chi ca*** mi pare”, come dice Fedez che svapora canne in faccia all’imperturbabile anzi ammiccante parà leghista Vannacci, il cui leader Salvini fa un codice stradale draconiano che quasi vale l’ergastolo per chi ha assunto cannabis, magari terapeutica, dieci giorni prima.

Ma Fedez non è tenuto a rispondere a nessuno, Vannacci neppure, e giustamente non si capisce perché a Sanremo vada solo il primo e non entrambi, come Albano e Romina. La legge è come la pelle del cu**, va dove la tiri, per qualcuno è più uguale e le chiappe sono il feticcio di una società dissociata, scoppiata, che non sa più a che santo votarsi e le rimane san Culo, quello dalla faccia come il suddetto.

Max Del Papa, 18 dicembre 2024

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