“Bologna, il Pd costretto alla ‘cura dimagrante’ per costi e debiti: il 40% dei circoli dem verso la chiusura”, questo il titolo di un articolo pubblicato sul Corriere di Bologna il 4 gennaio. A tutta prima sembra, in piccolo, la parabola di un partito che, in attesa di tornare nella stanza dei bottoni, promette di spendere a spandere come se non vi fosse un domani, appesantendo ulteriormente il nostro già colossale debito pubblico.
D’altro canto se nel lontano 1981 Enrico Berlinguer annunciava solennemente “che si è esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione di ottobre”, oggi i suoi epigoni bolognesi, appartenenti al cuore ancora pulsante di una sinistra che con Elly Schlein sembra essere tornata sulle antiche barricate, devono fare i conti con il fatto che i quattrini degli altri prima o poi finiscono, ossia i quasi estinti sfrittellatori dei Festival dell’Unità e gli irriducibili venditori porta a porta di un quotidiano che annunciava a giorni alterni l’improbabile arrivo del cosiddetto uomo nuovo con la falce e il martello.
A quanto pare degli 87 circoli di quella che ai tempi costituiva la più grande Federazione comunista d’Italia, ben 40 dovrebbero essere “restituiti” alla Fondazione Duemila, presieduta dall’ex senatore dem Claudio Broglia, il quale gestisce anche l’Immobiliare Porta Castello, per un patrimonio complessivo di circa 16 milioni di euro.
Ora, dato che il suo partito – Broglia è ovviamente ancora iscritto al Pd – ha contratto con la sua Fondazione un debito di ben 4 milioni, egli avrebbe voluto effettuare l’operazione di rientro sotto traccia, come riporta l’articolo in oggetto. Tutto questo, si sostiene nel pezzo, per evitare “l’impatto che una decisione del genere potrebbe avere sull’umore di iscritti, militanti e volontari, che sono ancora il motore immobile di autofinanziamento del partito e potrebbero trovarsi presto ‘spostati’ ad altro circolo.”
Lo stesso Broglia per cercare di alleggerire la sua non facile posizione, che lo vede nei panni del “cattivo” capitalista, sta cercando una soluzione in grado di salvare capre e cavoli. “I beni vanno mantenuti e per farlo servono le risorse – sostiene l’ex senatore – . Con circa 4 milioni di debiti con la Fondazione, evidentemente, non poteva essere il Pd a farlo. La nostra ambizione ora — assicura Broglia — è non distruggere il patrimonio che i volontari hanno creato negli anni. Due anni fa finì in vendita la storica Casa del Popolo di via Dozza, stavolta si tenterà la strada delle locazioni. Magari mettendo fuori delle targhe commemorative, per ricordare la storia del Partito che fu.”
Un partito che vive perennemente in mezzo al guado e che, evidentemente, sembra sempre fare un certa fatica a rendersi conto che tra i desideri e la realtà dei bilanci, pubblici o privati che siano, ci passa un mare di quattrini.
Claudio Romiti, 6 gennaio 2025
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