È stata forse la più divisiva Giornata della Memoria che si ricordi da decenni. Forse più gravida di polemiche del sempre contestato Giorno del Ricordo, quando sulle foibe piovono valanghe di distinguo. Ieri si è parlato più delle manifestazioni pro-Palestina che dell’Olocausto e questo, in un Paese sempre attento a celebrare l’orrore dei campi di sterminio e i rastrellamenti nazifascisti, è di per sé una notizia.
Nonostante l’invito del Viminale a spostare le manifestazioni in altra data, collettivi rossi, antagonisti e sinistra movimentista se ne sono beatamente fregati. Appello ignorato. A Milano hanno contestato Liliana Segre e la sua laurea honoris causa, invocando “l’olocausto sionista contro il popolo palestinese”. A Milano hanno urlato “assassini, assassini”, hanno minacciato un ragazzo che alla finestra chiedeva di “liberare Gaza da Hamas” e tentato di forzare il blocco della polizia. Altre manifestazioni si sono svolte a Torino, Trento, Napoli e Bologna. A Roma una ragazza ha urlato al megafono che “ciò che sta succedendo nella Striscia è il nuovo ghetto di Varsavia”. Un suo coetaneo ha esposto un manichino con la faccia di Bibi Netanyahu, vestito da deportato e con la stella di David, con le mani macchiate di sangue e una svastica sul braccio. Gli ebrei diventano nazisti. Il ribaltamento della storia.
Ora, manifestare le proprie idee è legittimo. Anzi sacrosanto. Vietare del tutto i sit-in e i cortei sarebbe stato improprio, perché la maturità di una democrazia si vede dalla capacità di garantire l’espressione anche del più ignobile dei pensieri. Era lecito tuttavia attendersi una certa maturità da parte dei contestatori di Israele almeno in questa particolare ricorrenza. Sarebbe bastato spostare di 24 ore i cortei, rispettare la sacralità di un momento, un po’ come la “tregua di Natale”, quella famosa partita di calcio che per un giorno fermò anche la Prima Guerra Mondiale. Invece una sorta di deficienza collettiva, incapace di omaggiare la dignità del ricordo, ha prodotto i soliti cori, solito odio, solito premier israeliano spacciato per un gerarca nazista.
La seconda considerazione è una nota di colore. Se fino a qualche tempo fa i fastidi maggiori nei confronti dell’unicità della giornata della Memoria arrivavano dai “fasci”, oggi l’allergia assume i toni del rosso. “Non fate ai palestinesi ciò che Hitler fece a voi”. Collettivi, anarchici, sinistra dura e pura: sono loro che, per dirla con le parole dell’Anpi milanese, “concentrando il tutto sull’attualità” hanno di fatto oscurato “il richiamo al passato”. Tradendo quello che era sempre stato un “valore” indiscusso della sinistra.
Giuseppe De Lorenzo, 28 gennaio 2024
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