Bisogna dire che questo nostro Occidente ce la sta mettendo tutta per farsi detestare dall’interno: e il suo cupio dissolvi assume tratti via via più idioti oltre che efferati. A Memphis, Tennessee, che fu una canzone antirazzista del rocker nero Chuck Berry, va in scena qualcosa che certo vecchio razzismo può ricordarlo, con una variante che pesa: gli aguzzini sono neri anche loro. Tutti e cinque, i poliziotti che hanno infierito sul malcapitato Tyre Nichols: non è stato un arresto, è stata una esecuzione. Senza ombra di presupposto, per di più. E seguita a poche ore da un’altra soppressione nera, quella, a Los Angeles , di Keenan Anderson, incidentalmente cugino di Patrisse Cullors.
Cullors è una delle fondatrici, la principale, del movimento marxista Black Live Matters, tramite il quale è accusata di aver distratto qualche milione di dollari investito in faccende personali: fondi privati, un ranch, una megavilla in un quartiere bianco che più bianco non si può. Oggi Cullors è tornata a strillare come un’aquila, e c’è da credere che non riesca lei per prima a capacitarsi dell’autogol criminale delle forze dell’ordine, a tutto suo vantaggio. Difatti, tra le prediche ipocrite si è subito segnalata anche la pasionaria Alexandra Ocasio Cortez, questa specie di Elly Schlein all’ennesima potenza mediatica.
A questo punto l’America ha un problema, come sottolinea pressoché tutta la stampa nazionale da una costa all’altra. Un mare di problemi, in effetti, che finiscono per scaricarsi come spazzatura la più tossica sull’occidente intero. Proteste scoppiano da ogni parte. Le polemiche sull’operato di una polizia che ha perso il controllo, particolarmente verso i neri, sono furibonde e crescono di ora in ora. Certo è difficile, perfino surreale in questo caso tirare in ballo il razzismo tout court: l’unita speciale degli aguzzini di Nichols, subito sciolta, era interamente composta da neri, 5, immediatamente arrestati, licenziati e posti sotto accusa. Ma, se pure è inevitabile debunciare la retorica antirazzista, che in questo caso si è infranta contro un muro di realtà, è altrettanto doveroso osservare che la polizia statunitense non riesce a liberarsi da un modus operandi destinato a sfociare in tragedia, e che le vittime di queste ricorrenti tragedie sono nere. Nere e innocenti. Perfino estranee. A Nichols era contestata una infrazione stradale: lo hanno massacrato fino a non lasciargli scampo. Molti non sono riusciti a guardare il filmato del suo calvario fino in fondo.
Alle prese con cortocircuiti del genere, sia umani che giuridici, politici non meno che sociali, l’Occidente annaspa. Moltiplica da una parte sensi di colpa sterili o mal riposti, dall’altra eccede in speculazioni, in strumentalizzazioni. Come un certo professor Shaun Harper della University of Southern California, secondo il quale “il pregiudizio contro gli afroamericani è così radicato nelle forze dell’ordine, che viene fatto proprio anche dagli agenti neri”. Trattasi di sciocchezza sesquipedale, del genere Dem o piddino, tipica di chi non sa dove appendere i suoi rigurgiti ideologici. In realtà il problema è più ampio, più grave, più urgente, e nessuno sembra sapere come uscirne. Forse per la tendenza invalsa a risolvere tutto con overdose di retoriche incrociate.
D’altra parte, chi non straparla fa omertà, come i giornali italiani, i più schierati a sinistra dell’Occidente, cui non conviene affrontare una esecuzione spietata di 5 neri su un nero.
In tutto questo, l’umanità dov’è? Possiamo ancora dire che non sono accettabili omicidi di strada commessi da agenti più simili a ronde fuori controllo che a tutori dell’ordine legale? Che la matrice regolarmente black dei malcapitati non sostanzia obiettivamente, almeno nell’ultimo caso, il razzismo, ma è una ricorrenza comunque inquietante? No, non si può dire. Si viene subito aggrediti, stravolti da ogni parte. Se dici che l’esecuzione di Memphis (e di Los Angeles, e di New York…) smentisce il pregiudizio contro i neri, ti insultano in fama di suprematista bianco. Se dici che in America i neri vengono fatti fuori sistematicamente, perfino da loro corraziali, passi per un black panther, un BLM, un Giarrusso. Qui sta la tragedia nella tragedia di un Occidente che sembra aver perduto, dopo il senso delle istituzioni e della democrazia che le esprime e che se ne fa tutelare, lo stesso senso logico con cui analizzare la deriva. Il mondo democratico, allevato al confronto, sembra aver perso la testa, sa solo polarizzarsi nel modo più isterico e volgare.
Torniamo al fatto. È vero, la cosca in seno alla polizia dei 5 agenti violenti, tutti di colore, è stata sciolta; è vero, c’è un dibattito furibondo che non si chiuderà né presto, né facilmente, né in modo indolore. Ma basta questo a risolvere una piaga che sembra sanguinare sempre più? Basta come alibi per sentirci ancora diversi dalle dittature orientali? A noi sembra che il confine, tutto considerato, si vada facendo sempre più labile. E nel conto ci sta anche un triennio di restrizioni, violenze di stato, obblighi, umiliazioni da parte di regimi assai poco democratici praticamente a tutte le latitudini anche occidentali (con epicentro in Italia, manco a dirlo). Nel conto ci sta pure una fantomatica transizione calata dall’alto, che non esclude niente del retaggio europeo, occidentale, destinato a venire annientato col pretesto di salvare un pianeta che non ha alcun bisogno di essere salvato, se non da chi lo vuole salvare. Infine, ci sta la dinanica, curiosa, inedita, di un capo di un paese invaso che non chiede aiuto al mondo libero, come è dolorosamente giusto, ma arriva a pretendere trilioni in armamenti tali da raggiungere, se possibile radendola al suolo, la sconfinata terra di chi lo ha invaso: e per ottenere un simile negoziato di pace, come lo chiamano, non si fa scrupolo di passare anche per una mortificante rassegna canora italiana, negoziato da un giornalista di potere della televisione pubblica. Ma guai, ancora una volta, a farci caso. Sono subito pronti ad azzannare da tutte le posizioni.
A forza di impedire la parola, l’Occidente si è negato il pensiero. A forza di esprimersi nel modo più politicamente corretto, si è condannato a un’esistenza da struzzo. Aggressivo, ma struzzo. Quante ferite nasconde, e disvela, l’esecuzione di un civile nero da parte di cinque militari neri, nella terra della democrazia occidentale.
Max Del Papa, 29 gennaio 2023