Visto che il discorso non era già abbastanza assurdo, De Gregorio ci mette il carico da undici: “Aggiungo che nel corpo a corpo”, benché si giochi ad armi impari (uno armato, l’altro no), comunque “anche il terrorista che spara rischia di morire”. Insomma: “È una battaglia in cui i corpi si fronteggiano”. Hai capito? Che scemi quegli “odiatori da tastiera” che usano “l’aggressione anonima sul web”: il loro agire “è un po’ come il drone”, dice De Gregorio, dove “io aggredisco te ma non rischio mai di morire a meno che non arrivi la nemesi”. Che dite, rispolveriamo le Hazet 36?
Magari non era questo il senso del discorso dei partecipanti al salotto di La7 (ce lo auguriamo), ma di sicuro è arrivato così alle orecchie dei telespettatori. O almeno al nostro. Anche perché la Aprile s’è detta “quasi più preoccupata” dalla piega che sta prendendo oggi l’odio rispetto al passato. “Non per sminuire gli Anni di Piombo, figuriamoci, ma lì si trattava di azioni criminali con un tempo e luogo definito, con degli autori che venivano nella migliori delle ipotesi perseguiti, rintracciati ed eventualmente puniti”. Insomma, la faccenda “era incapsulata, anche storicamente” (e cioè?), mentre “oggi questo apparente essere aleatorio dell’odio e della violenza nasconde una pervasività nel quotidiano difficile da incapsulare”. E tutti lì ad annuire, come se fosse robina da niente paragonare un po’ di insulti online, per quanto detestabili, ai 350 morti degli Anni di Piombo. Visto che si chiede a Meloni un giorno sì e l’altro pure di condannare il fascismo, non è che anche questa è da considerare una mezza apologia del terrorismo rosso?