Che strano, questo mondo. Andrea Delmastro Delle Vedove è stato condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e ad un anno di interdizione dai pubblici uffici. E voi direte: embè? La stranezza sta nel fatto che la pubblica accusa, cioè il pm, aveva chiesto l’assoluzione per il sottosegretario alla giustizia sull’affare Cospito. Interpellato dai giornalisti, l’esponente di FdI ha assicurato che al momento non intende dimettersi perché “spero che ci sia un giudice a Berlino”. “Le sentenze non si commentano, ma quelle politiche si commentano da sole – ha detto – E questa sentenza si commenta da sola. Dopo che l’accusa ha chiesto per tre volte l’assoluzione, arriva una sentenza di condanna fondata sul nulla. Attendo trepidante le motivazioni per fare appello”.
La decisione di non dimettersi è stata senza dubbio concordata con il premier Meloni. La quale in una nota ha espresso la sua solidarietà al collega di governo: “Sono sconcertata per la sentenza di condanna del sottosegretario Andrea Delmastro, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione e successivamente l’assoluzione – ha detto la premier – Mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione. Il sottosegretario rimane al suo posto”.
Il caso Cospito
Di cosa stiamo parlando? Parliamo della vicenda che ruota attorno ai documenti “a limitata divulgazione” sull’anarchico detenuto al 41bis entrato allora in sciopero della fame. A gennaio del 2023, il sottosegretario si fece dare dal capo del Dap, Giovanni Russo, una relazione su Cospito. I documenti contenevano alcune conversazioni tra l’anarchico e alcuni detenuti mafiosi al carcere duro in cui Cospito riferiva di aver incontrato una delegazione del Pd. Delmastro condivise le informazioni con il collega di partito e coinquilino, Giovanni Donzelli, che li utilizzò in un intervento parlamentare anche per attaccare i deputati dem. Il sottosegretario ha sempre spiegato di aver girato sì le informazioni a Donzelli, ma ritenendoli documenti non classificati.
Il processo
Aperta l’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio, in seguito alla denuncia di Angelo Bonelli, la procura di Roma chiese l’archiviazione. Ma il Gip Emanuela Attura dispose l’imputazione coatta, diventata rinvio a giudizio di fronte al Gup di Roma Maddalena Cipriani. Oggi la strana storia si è ripetuta: la procura stamattina ha chiesto l’assoluzione, per voce di Paolo Ielo, procuratore aggiunto all’epoca dell’inchiesta, e della pm Rosalia Affinito, secondo i quali manca l’elemento soggettivo del reato. In pratica il sottosegretario non sapeva si trattasse di notizie segrete quando le ha divulgate. Ma il giudice l’ha comunque condannato a otto mesi riconoscendo le attenuanti generiche e la sospensione della pena. Respinte, invece, le richieste di risarcimento avanzate dalle parti civili, quattro parlamentari del Pd.
Gli avvocati del sottosegretario, Giuseppe Valentino e Andrea Milani, hanno spiegato che Delmastro è innocente in quanto era inconsapevole della presunta segretezza degli atti. Inoltre, per la difesa la “limitata divulgazione” non impediva di condividerla una volta ottenuta legittimamente dal soggetto autorizzato. “Vogliono dire che le riforme si devono fermare? Hanno sbagliato indirizzo – scrive sui social l’esponente FdI – Vogliono dire che il Pd non si tocca? Hanno sbagliato indirizzo. Io non ho tradito i miei ideali: ho difeso il carcere duro verso terroristi e mafiosi. Io non ho tradito. E gli italiani lo sanno”.
Nordio: “Fiducia in Delmastro”
Il ministro Carlo Nordio si è detto “disorientato ed addolorato per una condanna che colpisce uno dei collaboratori più cari e capaci”. “Confido in una sua radicale riforma in sede di impugnazione – ha aggiunto – e rinnovo all’amico Andrea Delmastro la più totale ed incondizionato fiducia. Continueremo a lavorare insieme per le indispensabili ed urgenti riforme della Giustizia”.
Il Pd all’attacco: si dimetta
Il Pd invece parte all’attacco. “La condanna del sottosegretario Delmastro conferma in sede penale, dove siamo stati ammessi come parte civile, le valutazioni politiche già espresse nei confronti di un esponente di spicco del partito di Giorgia Meloni che, evidentemente, si è reso parte attiva di comportamenti gravi e lesivi dell’onorabilità del ruolo ricoperto, utilizzando informazioni riservate per colpire gli avversari politici”, scrivono in una nota i parlamentari Pd Debora Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai e l’ex ministro dem Andrea Orlando. “Si tratta di un duro colpo per l’ex avvocato di fiducia della Premier Meloni e responsabile giustizia del suo partito, prima di andare a ricoprire l’attuale incarico a via Arenula che sta svolgendo in maniera poco onorevole e poco disciplinata. È evidente che tra le conseguenze del lesivo comportamento di Delmastro ci sia stato anche un grave danno per i sottoscritti, accostati in maniera impropria e calunniosa ai mafiosi da parte di chi, il coordinatore del partito della Meloni, Donzelli, ha ricevuto informazioni riservate per poterle usare come una clava contro esponenti dell’opposizione. E le conseguenze politiche di quanto è avvenuto non possono che consigliare un passo indietro al sottosegretario Delmastro per allontanare qualsiasi ombra dal suo operato al ministero della giustizia alla luce di questa gravissima condanna”.
FdI si schiera con Delmastro
Di tutt’altro avviso Sergio Rastrelli, senatore di Fdi, segretario della Commissione Giustizia a Palazzo Madama: “Quella che ha condannato Delmastro a otto mesi è solo una sentenza politica. Un pronunciamento che ha ribaltato la doppia richiesta della Procura prima di archiviazione e poi di assoluzione per il sottosegretario alla Giustizia che, sulla vicenda Cospito, ha sempre agito in modo legittimo e trasparente. A Delmastro giunga la mia piena solidarietà”. Ancora più duro il capogruppo alla Camera, Galeazzo Bignami: “Oggi contro il sottosegretario Delmastro arriva una sentenza esclusivamente politica, all’esito di un processo esclusivamente politico che ha imbarazzato addirittura l’accusa che più volte si era espressa per la liceità del comportamento del sottosegretario, la cui unica responsabilità è stata quella di aver fatto sapere agli italiani che esponenti del Pd erano andati a incontrare mafiosi in carcere. Chi tocca il Pd, per certi magistrati, va punito. Ed invece noi insistiamo: perché i deputati del Pd sono andati a trovare i mafiosi? Cosa dovevano dire loro? Perché a queste domande non hanno mai risposto? Siamo vicini al collega Andrea Delmastro e convinti, che superate queste incrostazioni di partito, verrà riconosciuto innocente non solo dalla pubblica accusa ma anche da chi dovrebbe giudicare in forma terza e imparziale”.