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Legge, legislazione e libertà (Friedrich von Hayek)

Legge, legislazione e libertà. Critica dell'economia pianificata

Autore: Friedrich August von Hayek
Anno di pubblicazione: 2010

Vi è un passo meno noto, ma fondamentale, in Legge, legislazione e libertà di Friedrich von Hayek (1899-1992) in cui il premio Nobel austriaco ci mette in guardia sulla democrazia: «Sembra che la democrazia dopo un primo periodo glorioso di sviluppo in cui è concepita come salvaguardia della libertà individuale debba poi giungere ad arrogarsi il diritto di decidere ogni questione particolare a seconda di come si accorda la maggioranza».

Tutto nasce dalla «tragica illusione di credere che adottando procedure democratiche si potesse rinunciare a tutte le altre limitazioni di potere». Questo non vuole dire, per Hayek, che il sistema democratico non resti una buona «convenzione che renda possibile il pacifico avvicendarsi dei detentori del potere»; vuole semplicemente dire che la democrazia non è assoluta, non è così sovrana e soprattutto non è una convenzione estendibile a tutte le istituzioni sociali: «Non significa che il potere della maggioranza debba essere illimitato».

L’economista e filosofo è tranchant: «La maggioranza non ha motivo di credere che un suo desiderio particolare sia più legittimo di quello espresso da un singolo». E si arriva alla critica finale: «Se si insegna alla gente a credere che ciò su cui si raggiunge un accordo è necessariamente giusto, ben presto smetterà di chiedersi se lo è veramente. E, in effetti, l’idea che tutto quello che viene concordato della maggioranza sia per definizione giusto, è stata impressa sull’opinione pubblica per varie generazioni. Data la convinzione per cui ciò che le attuali camere dei rappresentanti decidono è necessariamente giusto, si può forse essere sorpresi se queste smettono persino di considerare, nei casi concreti, se lo è o meno?».

Per Hayek le democrazie moderne hanno imbastardito il loro spirito originario e in particolare si sperava che con la separazione dei poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario – si potesse sottomettere il governo alle norme di pura condotta. Così non è stato. Le norme non sono più universali e le assemblee legislative in realtà condizionano gli esecutivi anche con interventi di dettaglio. I poteri di governo sono inoltre divisi tra assemblea legislativa ed esecutivo.

Insomma la critica all’organizzazione, così come si è formata e su come si stava evolvendo, è durissima. Da una parte i meccanismi democratici di per sé non sono garanzia di libertà, dall’altra la loro confusione con il funzionamento degli esecutivi rischia di far scivolare il nostro sistema verso un nuovo totalitarismo.

Nicola Porro per Il Giornale 3 marzo 2024

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