Interviste

Di Caterina: “Il trasporto merci? Mare e treno costano la metà. Ma serve un salto digitale”

L’Italia, Paese a vocazione manifatturiera e basato su una economia di trasformazione delle materie prime grazie alla esperienza delle proprie imprese, per essere più competitiva e ridurre l’impatto dell’inflazione deve pensare i trasporti in un modo sempre più “intermodale”, cioè cercando sinergie tra mare, ferrovie e camion. A dirlo è Marcello Di Caterina, direttore generale e vicepresidente di ALIS, Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile. Una realtà che conta ormai un network di 1.800 imprese associate – di cui 24 di fresca adesione – per un fatturato aggregato di 40 miliardi e oltre 210mila lavoratori: “L’esperienza pandemica prima ed il conflitto in Ucraina poi hanno dimostrato che il trasporto merci intermodale è il più efficiente e quello che meglio riesce a contenere i rincari di materie prime ed energia”, spiega Di Caterina. A parità di viaggio, “il trasporto dei contenitori ha visto un’esplosione dei costi che oggi è di circa il 450%, mentre quello camion-navi-treno, quindi l’intermodalità, solo del 20%.  A conti fatti trasportare tramite Autostrade del Mare e ferrovie permette notevoli risparmi; il costo è meno della metà anche rispetto al tutto strada, che oggi ha un prezzo di circa 2 euro al chilometro. Dati inequivocabili”.

Il nostro Paese è pronto per l’intermodalità e come incide questo sulla transizione verde?

“Quando è nata ALIS il trasporto era pensato prevalentemente su strada, ora invece l’intermodalità è ritenuta una necessità. Ed è allo stesso tempo necessaria una sempre maggiore attenzione istituzionale verso l’intermodalità marittima e quella ferroviaria, che è oggi l’unica e più competitiva alternativa per coniugare la sostenibilità sociale ed economica con quella ambientale. Pensiamo ad esempio che ci sono navi di nuovissima generazione che possono portare fino a 500 camion, circa il doppio rispetto a quelle precedenti, e che addirittura sono in grado di raggiungere zero emissioni durante le soste nei porti. Ovviamente tutto ciò incide positivamente sull’ambiente: grazie alle aziende del nostro cluster, nel 2021 l’intermodalità ha permesso di togliere dalle nostre strade 5,6 milioni di camion e di abbattere 4,8 milioni di tonnellate di CO2”.

Secondo molti osservatori, il conflitto russo farà tramontare la globalizzazione come è stata intesa finora, questo come impatterà sulla logistica?

“Sia la pandemia sia la guerra ci hanno aiutati a capire l’importanza, per i settori strategici, di mantenere l’industria produttiva entro i nostri confini nazionali. Abbiamo però bisogno di grandi opere per ottimizzare il sistema dei trasporti e per permettere all’Italia di tornare protagonista nei mercati internazionali”.

Eppure i no Tav hanno condotto una lunga battaglia e ancora oggi esistono detrattori di infrastrutture strategiche come il Tap per il gas metano?

“Purtroppo non sempre il sentimento del Paese coincide con le esigenze del mercato, ma in questi casi non era il sentimento prevalente”.

 

Marcello Di Caterina, direttore generale e vicepresidente di ALIS, Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile

L’Italia è a livello geografico una porta naturale aperta sul Mediterraneo, le risorse stanziate dal Pnrr per i porti sono risolutive? 

“Si tratta di misure utili e condivisibili perchè molte navi hanno ormai alimentazioni alternative e più sostenibili, ma è fondamentale che i porti e le loro banchine siano sempre più adeguati. Proprio in questi giorni il Governo è intervenuto sulla semplificazione delle procedure per i lavori di elettrificazione delle banchine dei porti, quel famoso “cold ironing” previsto proprio dal Pnrr. Molti dei nostri scali sono inoltre superati: occorrono fondali più profondi e quindi norme snelle per i necessari lavori di adeguamento, scali ferroviari dedicati, digitalizzazione delle manovre di imbarco\sbarco e di sdoganamento. La direzione intrapresa dal Pnrr è quindi corretta ma non basta: per ottimizzare il sistema marittimo, oltre al porto anche la rotta marittima deve essere considerata come un’infrastruttura, al pari di quella stradale e ferroviaria”.

 

Che cosa intende nel concreto per digitalizzazione?

“La transizione digitale è uno dei pilastri del Pnrr ed è fondamentale che venga attuata anche nel trasporto. L’Italia è uno dei pochi Paesi, ad esempio, dove non esiste ancora il CMR elettronico, cioè il documento di trasporto che ci permetterebbe di superare molti passaggi burocratici che oggi avvengono ancora su carta. Basterebbe aderire al Protocollo addizionale del 2008 alla Convenzione di Ginevra, per risolvere questo problema e finalmente semplificare e digitalizzare. ALIS si batte da anni per questo salto tecnologico e ne abbiamo sottolineato l’importanza anche in occasione di Let Expo a Verona, anche perché nel Pnrr è prevista una specifica riforma su questo e ne attendiamo quindi attuazione”.

 

Come giudica il Ponte sullo Stretto?

“Per quanto ci riguarda pensiamo che non sia un’opera fondamentale; può tuttavia offrire un notevole vantaggio al trasporto ferroviario”.

 

L’Italia paga un ritardo nei trasporti, quale sarebbe uno split ottimale tra strada, ferrovia e mare anche dal punto di vista dell’ambiente?

“Ad oggi il trasporto su strada è ancora prevalente, comportando quindi maggiori emissioni inquinanti, più incidenti e più congestionamenti stradali, così come viaggi spesso molto faticosi per gli autotrasportatori. Anche per questo dobbiamo continuare a favorire l’utilizzo dell’intermodalità, come stiamo facendo con ALIS, e a ottenere misure incentivanti per le aziende che scelgono tale modalità. C’è da dire che il trasporto marittimo rappresenta comunque circa il 90% del trasporto mondiale di merci, quindi la direzione è quella giusta”.

 

Quello del caro carburanti è un aspetto molto delicato per il suo riflesso sull’inflazione e sul carrello della spesa. Quanto incide davvero sul trasporto merci?

“La ricaduta sui costi totali delle aziende è pari a circa il 30%, difficile quindi per i trasportatori assorbirla in toto sul medio-lungo termine. Anche per questo la risposta è l’intermodalità”.

 

 

Cosa può fare il settore della logistica per ridurre l’impennata di prezzi di beni di prima necessità – come pasta o pane – e di materie prime come acciaio o alluminio?

“Gli imprenditori ed operatori della logistica devono continuare a favorire un dialogo costruttivo con le Istituzioni per ottenere risposte concrete in tempi rapidi”.

 

Quali misure chiede ALIS al governo per aiutare il settore a essere più competitivo?

“Chiediamo da tempo di incrementare le risorse destinate agli incentivi Marebonus e Ferrobonus, oggi pari a circa 20 milioni ma che, secondo noi, dovrebbero essere aumentati almeno a 100 milioni annui per ciascuna misura. Ma auspichiamo anche specifici interventi di decontribuzione e detassazione per il personale viaggiante delle imprese di trasporto e logistica così come per l’assunzione di giovani”.

Passiamo ai finanziamenti, vede il rischio di una stretta del credito da parte delle banche?

“ALIS ha più volte chiesto al sistema bancario di essere vicino al nostro cluster e ha sempre riscontrato grande disponibilità, anche nei confronti delle grandi aziende. Gli istituti di credito sono nelle condizioni di supportare il settore ma più le aziende riescono a fare squadra in un’associazione come ALIS portando avanti istanze comuni e più potranno essere riconosciute e supportate dal sistema creditizio”.

Cosa occorre per rilanciare l’occupazione nel settore?

“Oltre ad aiutare le imprese con misure di defiscalizzazione e decontribuzione, ALIS intende contribuire a risolvere il problema della carenza di figure professionali nel settore proponendo di incentivare la formazione giovanile e professionale, soprattutto attraverso un maggior ricorso agli Istituti Tecnici Superiori, così di sburocratizzare ed abbassare i costi di accesso alle professioni trasportistiche e logistiche. Oggi è infatti molto difficile reperire diverse figure professionali, come autisti, operai specializzati, marittimi, ferrovieri. Consideri che solo in Italia mancano 17mila autisti e che per ottenere una patente occorrono migliaia di euro, ma fortunatamente il Governo è intervenuto con un fondo per erogare voucher volti a formare circa 10.000 giovani autisti. Occorrono quindi sgravi contributivi, percorsi formativi  ad hoc e una maggiore inclusione delle donne. Come ALIS abbiamo sinergie attive con numerosi enti di formazione e di ricerca e agevoliamo l’ingresso di molti giovani nel mondo del lavoro tramite stage e proposte contrattuali con le nostre aziende associate. Bisogna fare di più, noi ci siamo”.