Di Maio-Scanzi: il selfie pandemicamente scorretto dei cazzari

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E che gli dici a questi. E come fai anche solo a perculare uno che prima dice che il virus non esiste, altro che mascherine, cazzo, puttana, culo, perché lui è un duro, si vede dalla faccia, e i duri parlano così; poi che invece il virus c’è e fa stragi, disgraziati, ve lo dicevo io; poi che si era sbagliato, sì, ma mica era colpa sua, era colpa di Burioni; poi di tenersi le mascherine pure al cesso (o assistendo a un suo “spettacolo”, che è lo stesso); dulcis in fundo, ma molto al fundo, si fa il selfone insieme a un’allegra brigata, tutti rigorosamente en plen air senza pezza azzurra, dove spicca il titolare della Farnesina, il ministrello Giggino che così definisce l’ex biografo di Grillo: “Geniale e diretto”. Tipo un lassativo.

Sono tempi grillini dove tutto vale, dove ogni realtà ci supera, dove minchiata scaccia minchiata, la toninellata di turno, il Giuseppi con fidanzata cartonata, il Casalino che cambia moroso perché l’altro gli ha svuotato la card, l’Azzolina che vede ovunque infrazioni, e poi e poi e poi, e poi… il selfie autopromozionale con logorrea Scanzi, spalline strette e cervellino ancor più sottile, con l’ex beverone che gli ricambia la promozione. Robetta che, ci fosse un Ordine vigile, dovrebbe provvedere, visto che le markette coi politici sarebbero proibite a termini deontologici: ma è lo stesso figurante, detto “Fight Club”, che era arrivato a spararsi una posa pure con Giuseppi e, sotto: comperate il mio libro.

Cazzari verdi, gialli, Cazzari ScanziMaio, cazzari che più cazzari non si può, c’è sempre un cazzaro più cazzaro che si scazza. Oh, beninteso, fanno bene a ritrarsi vergini di lacerti tappezzieri: noi scettici lo diciamo da sempre, senonché son proprio loro a fremere di indignazione, a scazzare col moralismo sanitario, sia pure a fasi alterne giacché la vita in certi casi irrimediabili è un pendolo tra la noia e il ridicolo, entrambi inflitti a chi legge o ascolta: un giorno bisognerà pure prendere atto che qui c’è gente, piccola gente di pessimo gusto, di livello elementare, inteso come scuola: i cazzari dell’Azzolina, potrebbe essere un nuovo libello, sempre quello e sempre bello.

Diciamo che i simili si bazzicano, che Di Maio sta alla Farnesina come lo Scanzi al giornalismo, speriamo solo che l’ars amandi sia appena un po’ più turgida di quella vergandi. Ma sono tempi così, grande madre Gaia pensaci tu. Ed è subito sega, ci fu un tempo non lontano in cui l’Andrea si effigiava con il Dibba, si vede che ha cambiato opportunità. O, come direbbe la Taverna, un’altra del livello, “era un momento diverso”. Diceva Oscar Wilde, del resto, che “la coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione”.

Logorrea S. è addirittura immaginifico, peccato solo sia così prolifico: quanto niente sprecato, “l’attività intensa” diceva Stevenson “è un segno di scarsa vitalità”. A vedere certe silouhette, c’è da sospettarlo. Poi definirsi ministri o, addirittura, “rockstar del giornalismo” è un attimo, ma qui siamo al più becero neomelodico. Forse erano meglio le mascherine, non per sanità ma per decenza. Ecco, magari, compagni grillini, ricordatevene la prossima volta: a passare da moralisti a venerati cazzari è un attimo; diceva Herbert George Wells, che la sapeva lunga: “L’indignazione morale è l’invidia con l’aureola”. Sono finiti i santi, restano solo i cazzari.

Max Del Papa, 12 agosto 2020

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