Anche in Paradiso si parla di Sangiuliano martire. L’irriverente Cossiga se la ride a crepapelle: «tra pistoleri, ministri-capotreno, finti complotti e gossip, giù in terra è ormai meglio del Bagaglino! Manca poco che arrivano pure al dissing, come tra rapper». In una candida veste bianca e il rosario tra le mani, Oscar Luigi Scalfaro alzando gli occhi al cielo, commenta: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Rammenti la tua infatuazione per la sorella in Cristo, Anna Kanakis? La volevi addirittura portare alle Europee».
Il «Picconatore», con un sorriso sarcastico risponde piccato: «Sono io che, questa volta, ti dico ‘Non ci sto’ e ti ricordo le polemiche attorno alla busta con i 100 milioni mensili del Sisde…». Pedalando, come sempre, sul suo turbotriciclo arriva Fanfani: «Non state più al Quirinale, datevi pace! Comunque, alla fine l’unico ministro dell’Interno che non ha preso la busta dal Sisde sono stato io». Andreotti, visti i primi freddi, ha indosso già il suo pullover blu e con un indecifrabile sorriso lo schernisce: «Eppure, non prenderla non è stato sufficiente per salire al Colle: ti sei fermato a Palazzo Madama. E basta con questa storia dell’ennesimo complotto evocato dalla premier». Fanfani: «Ai nostri tempi, i complotti erano tra generali come De Lorenzo contro Aloja, Miceli contro Maletti…era una faccenda più seria». Cossiga aggiunge: «Ora è solo da sbellicarsi, soprattutto se Fazzolari e Company pensano che l’intrigo è messo su dal quel ‘furetto’ (copyright Alberto Statera) del nostro amico Luigino Bisignani e dal mio sodale Roberto D’Agostino a cui dettavo per primo i pezzi sul potere, da Draghi a Mediobanca. Fui io, insieme alla cara Barbara Palombelli, a dare il boost necessario per far volare Dagospia».
Andreotti, ironico: «Dovreste pretendere i diritti». Cossiga, ricominciando a ridere: «Tutti questi spioni attorno alla premier avrebbero dovuto dirle che Roberto e Luigino, una volta grandi amici, non si parlano più da anni. Chissà se adesso capirà che le vendono solo patacche, ora che c’è pure l’esplosiva santa alleanza tra Striscia la Notizia e Dago». Andreotti: «E pensare che Giorgia, accompagnata da Giambruno, è anche salita nel bellissimo attico di D’Agostino sul Lungotevere, a baciargli l’anello». Cossiga, scanzonato: «Gli anelli, non l’anello. Ma poi, dopo quell’incontro e qualche innocua pizzicata, l’ordine dalla Garbatella ai manager pubblici è stato di fare terra bruciata attorno al sito». Andreotti: «Grande errore, un altro caso di auto-complotto».
Fanfani: «A proposito, potete togliermi una curiosità, voi che siete esperti di complotti e Servizi? Cosa pensate del caso Striano?» Andreotti: «Io i complotti li ho sempre subiti da taluni americani legati all’FBI e da una certa magistratura. Questo, è l’evoluzione telematica dei nostri vecchi fascicoli, dei nuovi Pecorelli…» Cossiga: «Di Striano troppi ce ne sono ancora in servizio permanente effettivo, con la copertura di qualche toga… ne vedremo presto delle belle». Andreotti: «Da ministro della Difesa denunciai e feci bruciare tutto, anche se ci misero molto tempo a dargli fuoco… al tempo le fotocopie non erano così veloci». Cossiga: «Guido Crosetto, grande amico di mio figlio Giuseppe, ha fatto bene a denunciare l’andazzo anche se si è fatto ancora più nemici. A Chigi, a Forte Braschi a Piazza Verdi e perfino al Comando generale della Guardia di Finanza». Andreotti serio: «Comunque il vaso di Pandora si è scoperchiato quando Meloni ha scelto il nuovo comandante della Finanza, contravvenendo all’indicazione dei due titolari, i ministri dell’Economia e della Difesa».
Cossiga: «Vero, ma il sottosegretario ai Servizi era d’accordo sulla scelta della premier». Andreotti: «Integerrimo magistrato, grande cattolico, Alfredo Mantovano, molto intelligentemente, ha due advisor, come si dice oggi, molto capaci». Scalfaro, con finta ingenuità: «Vediamo, chi sarebbero?». Andreotti: «Lo sai anche tu: Luciano Violante e Gianni De Gennaro. Li ho conosciuti bene». E, in modo impercettibile, con le labbra socchiuse il Divo sussurra: «Purtroppo…». Cossiga: «Guarda chi arriva, con il suo soprannome doc, a lui possiamo chiedere lumi sul complotto». Teodoro Buontempo si ferma davanti al gruppetto. Indossa un coprispalle di montone e si apostrofa: «Si so’ io, ‘Er pecora’, e sapete perché i camerati mi chiamavano così? Per i miei ricci che, visti dalla nuca, davano l’idea di un vello, magari erano solo invidiosi».
Cossiga: «Hairdressing a parte, Teodoro, che diresti a Giorgia, tu che l’hai vista nascere su questi complotti all’amatriciana che evocano i suoi mattinali?». Buontempo: «Sono fiero della nostra piccola Calimera diventata un gigante mondiale che tutto il mondo ci invidia e che sta dando corpo ad un sogno». Andreotti: «Ruffianerie a parte…». Buontempo: «Se qualcuno dei suoi perde tempo con la narrazione del “nemico da sconfiggere” agitando lo spettro di ridicoli complotti, si corre il rischio di vanificare tutto e di prestare facilmente il fianco ai tanti ed agguerriti detrattori, peraltro attrezzatissimi. Molti di loro stanno a Bruxelles, a Washington e a Mosca, questo se lo devono ricordare». Andreotti: «Abbiamo ‘er pecora’ in versione pecorella, miracoli del Paradiso». Buontempo: «Giorgia non deve mai, ripeto mai dimenticare che il popolo ti guarda, ti guarda, sempre! Piuttosto Giulio, tu che sei di casa in Vaticano, del cardinale Becciu che si dice?».
Andreotti: «Ad Angelino direi che in Paradiso non si arriva in carrozza e di portare pazienza». Cossiga: «Lo hanno martirizzato e poi la sentenza non è stata neanche pubblicata. Incredibile. Eppure ne hanno solo una da scrivere». Andreotti: «Magari il presidente del tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone – suggerito per quell’incarico pare da Mattarella a Bergoglio – è finito in un’inchiesta di mafia, in questo momento ha altri grattacapi, mi dicono però che la sentenza è pronta da luglio. E sono oltre mille pagine di motivazioni… Ma qualcuno ha bisbigliato al Papa che è bene aspettare». Cossiga: «Aspettare cosa?». Andreotti: «C’è nervosismo per l’esito di un pronunciamento di Londra dove il finanziere Raffaele Mincione ha trascinato il Vaticano davanti alla Corte inglese e lì è stato audito il sostituto Edgar Peña Parra per dare qualche chiarimento sul pasticcio attorno alla compravendita dell’immobile di Sloane Square».
Scalfaro: «Il sostituto sembra non abbia fatto una bella figura e allora meglio aspettare la sentenza prima di mettere altra carne al fuoco». Andreotti: «In effetti il prelato venezuelano, nato a Maracaibo, come la canzonetta degli anni 80, non si sa se abbia convinto i giudici, la questione è aperta e magari la Common Law dà ragione a questo Mincione». Cossiga: «Che errore queste inquisizioni vaticane, con Gendarmeria e Guardia di finanza che, a braccetto, scorrazzavano per i palazzi italiani grazie anche alle diavolerie elettroniche israeliane. A Perugia, da quel galantuomo di Raffaele Cantone, ci sono ormai più gendarmi vaticani in trasferta con pen drive da decriptare che carabinieri». Andreotti: «È proprio il caso di dire che non c’è più religione. Una commistione di ruoli senza alcuna garanzia. Sono ormai lontani i tempi in cui in Vaticano le decisioni importanti venivano prima formalizzate per iscritto e poi comunicate agli interessati». Cossiga: «Ricordo bene il giorno in cui – consigliato dall’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone – davanti alle resistenze del presidente dello Ior Angelo Caloia a rinunciare l’incarico, si abbassò l’età pensionabile dei laici a 70 anni, facendolo così decadere la mattina seguente».
Si avvicina San Pietro, ormai rassegnato a quei raduni, ed esorta tutti alle orazioni, invitandoli a pregare per San Gennaro e San Giuliano, i Santi veri. E Andreotti, pur richiamato all’ordine, non risparmia una delle sue: «Il nostro Sangiuliano folgorato in terra sulla via del Collegio Romano non per redenzione, ma per tentazione… diciamo un Padre Nostro per lui e per tutti: ‘E non ci abbandonare alla tentazione, ma liberaci dal male’. Amen».
Luigi Bisignani per Il Tempo 22 settembre 2024
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