Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, ci ha pensato almeno un anno prima di rassegnare le dimissioni dal soglio pontificio. E prima di comunicarlo in latino al mondo intero, cogliendo di sorpresa vaticanisti e fedeli, lo aveva confidato solo a un ristretto numero di persone. Un breve elenco. Dove oltre a chi per anni ha raccolto le confessioni del Papa, c’erano anche il cardinal Tarcisio Bertone (allora Segretario di Stato), un sacerdote polacco della Penitenzieria Apostolica, suo fratello Georg Ratzinger, il segretario particolare Georg Gänswein, il segretario in seconda Alfred Xuereb e… Giorgio Napolitano.
Il discorso “limato” di Ratzinger
La rivelazione è contenuta in un libro (“Cosa resta del papato”) pubblicato da Edizioni Terra Santa e scritto da Francesco Antonio Grana. Il 4 febbraio del 2013, dunque una settimana prima lo storico annuncio del 11 febbraio, il Presidente della Repubblica italiana viene a conoscenza di un segreto che di lì a poche ore sconvolgerà il mondo.
Un privilegio di cui, stando al racconto di Grana nel libro, neppure gli operatori più altolocati del Vaticano hanno potuto godere. Il testo delle dimissioni sarebbe stato tradotto solo il 10 febbraio, tre giorni prima dell’ora X. “La prima versione in latino – si legge nel libro – era stata poi corretta e sostituita con quella effettivamente pronunciata l’indomani dal Pontefice. ‘La formula di rinuncia – ha spiegato il cardinale Bertone – fu accuratamente pensata e rielaborata sub secreto. L’autografo del Papa porta in un primo testo la data del 7 febbraio e, successivamente ad una piccola correzione ortografica nel testo latino, considerata anche la necessità di una precisa traduzione in italiano e nelle altre lingue, il testo definitivo porta la data del 10 febbraio’”.
Chi sapeva delle dimissioni?
Solo pochi altri “eletti” lo vennero a sapere prima dell’annuncio. Tra loro dovrebbe esserci anche il cardinal Angelo Becciu, che era sostituto della Segreteria di Stato, il quale “telefonò all’allora advisor per la comunicazione vaticana, il giornalista americano Greg Burke, che sarebbe successivamente diventato direttore della Sala Stampa della Santa Sede, chiedendogli di arrivare un po’ prima del solito in ufficio la mattina successiva”. Il giorno prima del concistoro, poi, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, telefonò a casa di un cerimoniere per assicurarsi la sua presenza il giorno successivo. Una chiamata che l’autore del libro definisce “inusuale”. Così come forse strana fu la richiesta al custode del sacrario pontificio, padre Pavel Benedik, di “tirare fuori tutto ciò che serviva per il conclave”. “Anche Marini quindi – scrive l’autore – sapeva con anticipo che Ratzinger si sarebbe dimesso. Almeno 24 ore prima dell’annuncio”.
A quanto pare, invece, non ne sapeva nulla il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che “apprese della decisione di Benedetto XVI soltanto pochi minuti prima dell’inizio del concistoro, quando dall’Ufficio informazione e documentazione della Segreteria di Stato gli arrivò sotto embargo il testo delle dimissioni”. Il resto è storia. Ratzinger che legge il suo annuncio in latino. Una giornalista dell’Ansa che si accorge della “bomba” mediatica appena sganciata. La notizia che fa il giro del mondo. E la sterzata compiuta dalla storia, che da quel momento in poi si troverà con due “papi” a San Pietro. Una notizia che Giorgio Napolitano avrebbe avuto l’onore di conoscere con sei giorni di anticipo.