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La crisi di governo

Dimissioni Draghi, che succede ora: i 3 scenari

Draghi si dimette, ma Mattarella congela tutto. Ecco gli ultimi tre scenari papabili per risolvere la crisi di governo

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È stata una giornata politica di fuoco quella di ieri. Il premier Draghi, infatti, ha presentato le proprie dimissioni al Quirinale, dopo il voto di fiducia sul decreto Aiuti, ma senza la componente governativa del Movimento 5 Stelle, rimasto assente al momento della prima e della seconda chiamata.

Le reazioni dei partiti

Nonostante fosse venuto meno “il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”, l’ex numero uno Bce ha dovuto affrontare un nuovo ostacolo: Sergio Mattarella. Il Capo di Stato, infatti, ha respinto le dimissioni del premier, rinviandolo alle Camere “per una valutazione della situazione, che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi” al Senato. Diverse le reazioni dei partiti. Il centrodestra appare compatto, chiedendo a gran voce le urne anticipate; il Partito Democratico ed Italia Viva spingono per un Draghi bis senza Conte; mentre il Movimento aggiornerà proprio oggi il suo consiglio nazionale, svoltosi dopo l’annuncio dimissionario di Draghi.
Ancora una volta, il Capo di Stato ha svolto un ruolo decisivo all’interno di questa legislatura. Dopo il no, durante la formazione del governo gialloverde, al nome di Paolo Savona al Ministero dell’Economia e dopo la débâcle salviniana, convinto di andare al voto nel ’19, ma di fatto consegnando Palazzo Chigi al centrosinistra; Mattarella continua a svolgere una funzione cruciale di arbitro, dove le decisioni ultime spettano sempre alle proprie volontà e non solo al compromesso politico dei partiti all’interno dei palazzi. In questo caso, il Presidente si è avvalso di uno dei suoi poteri costituzionalmente tutelati: la possibilità di respingere le dimissioni del capo dell’esecutivo, quando non sussistono condizioni tali da fondare una caduta del governo, oppure quando vige uno stato di emergenza. E quest’ultimo potrebbe essere giustificato con la crisi economica, causa guerra in Ucraina, e dall’inflazione.

I 3 scenari plausibili

Al di là di queste ipotesi, mercoledì prossimo, quando Draghi sarà chiamato a riferire dinanzi al Parlamento, potrebbero verificarsi almeno tre scenari differenti.
Il primo: Giuseppe Conte si rimangia tutto, rientra per la votazione e ripristina la fiducia di governo. Questa pare essere la situazione più difficile, anche se, solo pochi giorni fa, esattamente il 22 giugno, il leader pentastellato affermava come “la fiducia a Draghi non fosse messa in discussione”. Detto, fatto. Insomma, il Movimento ci ha abituato a clamorosi dietrofront, dall’euro alla Tap, dallo stesso Draghi alla messa in stato d’accusa di Mattarella, e potremmo andare avanti all’infinito. Quindi, nulla è da escludere.
Il secondo: nascita del Draghi bis, senza Giuseppe Conte. È la soluzione a cui tende arrivare il centrosinistra, Renzi e Letta. In questo caso, sarà necessario valutare due aspetti fondamentali. Da una parte, l’effettiva volontà del premier di voler continuare un’esperienza governativa con maggioranza diversa (che, almeno fino a stamattina, pare non esserci); dall’altra, il serio rischio che il Draghi bis perda dei numeri importanti anche da destra. Il sostegno di Forza Italia non è messo in discussione; ben più in bilico, invece, appare la posizione della Lega, che nel corso di questi mesi ha dovuto ingurgitare molti magoni, tra restrizioni, Green Pass e invio di armi in Ucraina. In sostanza, parleremmo di un nuovo esecutivo, senza Conte e (forse) Salvini, che accompagnerebbe il Paese alle urne dell’anno prossimo, tenuto conto anche della finanziaria di settembre.
Il terzo ed ultimo scenario, invece, sarebbe quello del collasso: cade il governo Draghi e ci si reca alle urne anticipatamente. L’eventuale opzione non sarebbe neanche gravosa per i numerosi parlamentari che, a causa del taglio, non verrebbero rieletti in Parlamento. Il vitalizio, infatti, scatta automaticamente il 24 settembre, senza alcuna possibilità di andare a votare prima, tenuto conto anche degli impegni vacanzieri degli italiani. Nella migliore delle ipotesi, quindi, si andrebbe alle urne almeno a partire da ottobre.
Ora, la palla è passata nelle mani del Parlamento. Quali saranno le ufficiali prese di posizioni dei partiti, dopo la comunicazione di Draghi alla Camere? Ci sarà uno spiraglio per convincere il premier a rimanere a Palazzo Chigi fino al 2023? Le urne sono un scenario più astratto che concreto? Lo scopriremo solo mercoledì prossimo.
Matteo Milanesi, 15 luglio 2022