Il ministro di disgrazia e ingiustizia Alfonso Bonafede è ancora al posto non suo. Niente da fare, non si è dimesso e non mollerà fino alla fine. Ma perché, poi, si dovrebbe dimettere? Non per Di Matteo, non per i boss, non per le bugie ma per la palese inadeguatezza e per i fallimenti raggiunti con grande determinazione. Purtroppo, non siamo un Paese normale e l’inadeguatezza riconosciuta dall’universo mondo è diventata, ormai, un pre-requisito per essere ministro.
Infatti, per gli stessi motivi si dovrebbe dimettere non solo Fofo ma anche il ministro della Salute, il signor Speranza, che dopo oltre tre mesi dalla dichiarazione di emergenza nazionale per la crisi sanitaria da infezione di Covid-19 non è stato in grado di organizzare la sorveglianza attiva che, si aggiunga, avrebbe dovuto soltanto copiare da Andrea Crisanti che in Veneto ha messo da subito la situazione sulla giusta strada. Per i medesimi motivi dovrebbero seguire a ruota le dimissioni del ministro dell’Economia, il signor Gualtieri, il cui ministero dall’inizio della crisi è stato di fatto commissariato dal presidente Conte che a sua volta è commissariato dalla sua vanità e dalla strategia comunicativa di Rocco Casalino che comunica il vuoto, il falso, la paura.
Ancora si dovrebbe dimettere il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che invece di occuparsi di scuola dovrebbe ritornare a scuola, a dimostrazione del fatto, visto che ha due lauree, che più si carica di valore il titolo di studio e più la realtà s’incarica di svalutarlo. Poi si dovrebbe dimettere il ministro del Lavoro, il signor Patuanelli, che in una repubblica “fondata sul lavoro” nega ai soci fondatori di la possibilità di lavorare, quindi si dovrebbe dimettere il suo predecessore, il ministro degli Esteri, il signor Di Maio, che da ex enfant prodige del M5s è rimasto solo enfant.
Il governo Conte II è la perfetta espressione della peggiore classe dirigente italiana nel peggior momento della nostra storia. C’è voluto del metodo per costruirla, ma alla fine il distillato del peggio del peggio della subcultura di massa è venuto fuori. Ma a sinistra, il servo sciocco, già grida: “Sempre meglio di Matteo Salvini”. Allora, prendiamo il toro per le corna. Salvini non è più Salvini ma è una sorta di asso piglia tutto della sinistra con cui si possono giustificare le peggiori nefandezze, comprese lo stesso salvinismo e gli stessi decreti dell’ex ministro della paura che il governo degli ottimati e illuminati illuministi si è guardato bene dal cancellare, a dimostrazione del fatto che, come scrisse il partigiano Verdelli, era necessario “cancellare Salvini” ma tenersi i suoi decreti anti-immigrati.
Ma questo sorta di reductio ad hitlerum non regge più perché il governo Conte II è proprio il governo dei pieni poteri, del terrore, della negazione della Costituzione più bella del mondo e non può più gridare “al lupo, al lupo” e “al fascista, al fascista” perché il lupo è lui stesso. E, sì, non è fascista, ma è antifascista e di un antifascismo illiberale e della peggior specie in cui a farla da padroni non ci sono i comunisti di una volta con tre narici che sapevano pur stare al mondo, bensì i comunisti di concetto di oggi che hanno tre neuroni che vogliono salvare il mondo uccidendo l’umanità. Coloro che dicevano “nulla sarà più come prima”, almeno in questo avevano ragione: la cultura antifascista italiana ha dimostrato tutto il suo illiberalismo e nulla sarà come prima.
Del resto ciò che conta e smonta e ridicolizza l’argomento hitleriano usato dalla cultura fasciocomunista è che se ci fosse Salvini al governo loro sarebbero al governo con Salvini, come ha fatto proprio il M5s, mentre io, ad esempio, e i quattro gatti liberali che danno un po’ di sale al pasto nudo della politica italiana, saremo e saremmo al nostro posto a fare le pulci all’orco e a criticarlo dicendogli in faccia pane al pane e vino al vino come si fa in tutte le democrazie liberali in cui non si vende l’anima a nessuno, né a un Dio, né a un diavolo, figurarsi a un governo, come invece sono abituati a fare da sempre i fasciocomunisti.
A dimostrazione del fatto che il problema italiano, qualunque governo ci sia, non è quello di chiedere, di invocare, di volere che lo Stato risolva tutto ma, al contrario, è quello di limitare il potere di chi governa. Si tratta cioè di un problema culturale prim’ancora che politico: il governo/Stato non deve intervenire ma deve ritirarsi, non deve tassare ma deve de-tassare, non deve credere di essere la soluzione perché è il problema. È il problema dei problemi in ogni sua dimensione: municipale, provinciale, regionale, nazionale, continentale, satellitare.
Si prendano i dicasteri di cui sopra: giustizia, economia, istruzione, lavoro. In ogni ambito l’intervento governativo non risolve nulla ma, all’inverso, aggrava solo la situazione. Il vero intervento risolutivo statale è quello di intervenire al contrario: il governo/Stato deve ritrarsi per concentrarsi nelle poche cose che può fare senza far danni. Così alla fine le acque del mare saranno cristalline, l’aria delle città sarà fresca e dolce, il leone andrà a spasso con la gazzella e avremo cinque minuti di pace senza gli statalisti che con il nostro lavoro e i nostri soldi ci dicono come dobbiamo vivere e come dobbiamo morire.
Giancristiano Desiderio, 8 maggio 2020