“Diritto alla felicità”, retorica sinistra nel non-libro della Schlein

La segretaria dem sbarca in libreria con l’autobiografica “L’Imprevista”

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Schlein libro

Non l’avevamo visto arrivare il libro di Elly Schlein ma invece c’è e scala le classifiche al primo giorno di uscita, perché il popolo trinariciuto fa il suo dovere. Per poco che sia, per gonfiato che sia, ma c’è e va da Feltrinelli col pugnetto chiuso a comprare l’auto-autobiografia della compagna svizzera, edito da Feltrinelli, come gesto politico, di giustizia sociale, di militanza pavloviana. Ma perché poi quella foto tutta storta in copertina? Mah, sarà per sottolineare il contenuto enigmatico, da sinistra criptica, nel senso tombale del voler dire. “Si può solo dire nulla”, per scomodare Carmelo Bene, l’immenso, ma che ne sanno questi di Carmelo, il provocatore implacabile, anche a se stesso, salito “dal sud del sud dei santi”?.

E no, non l’avevamo visto arrivare, L’imprevista, ma c’è ed ha un suo significante, poi magari il significato lasciamo perdere, comunque è di quella insostenibile leggerezza dell’essere segretaria e la sua densità sta proprio in questo, che, almeno dalle prime anticipazioni, non dice niente. Esiste in quanto non esiste, che è la cifra dei gggiovanidoggi che si affacciano alle ribalte del potere, è un libro in autotune e senza l’autotune questi fanno la fine di Fedez. Affidato alle cure della giornalista organica Susanna Turco, una passata da “Giorgia la donna che si è presa l’Italia”, e non aggiunge a passo dell’oca ma non serve, a “Com’è umana lei, Elly”. Tutto al posto giusto, perché, per dirla col paraculo stalinista lefevriano, spiritualista liberista Lindo Ferretti, uno che solo la sinistra comunista poteva farsi andar bene in 40 anni di prese in giro, “così vanno le cose, così devono andare”.

Imprevista, ma mica poi tanto: nello sbando totale, epocale del post Pci avevano risolto come sempre nel Politburo: prendendo una figurina del presepe in attesa di tempi migliori; non avevano calcolato che la ragazzina avesse impreviste doti di resilienza, cioè da qui non mi schiodo e pian piano, a forza di apparenza sventata, di sventatezza apparente, vi faccio fuori tutti. Il suo destino era segnato: dopo le Europee se ne torna al centro sociale di lusso, invece lei ha avuto una imprevista riabilitazione elettorale, favorita dal nulla concettuale, dal linguaggio dadaista da Cabaret Voltaire, insomma un dentifricio politico, anche questo sia detto senza malizia, anzi con un filo perfino di ammirazione; ormai la politica è tutta, completamente senza corpo, senza contenuti, una politica influencer, di dentifrici, e a questo giro Schlein, l’imprevista, è quella che la interpreta meglio: sta persino recuperando posizioni sulla rivale, la Meloni, partita che scoppiava di valori, di intenti, ma già in due anni di potere ritrovatasi a esplodere di retorica e, insinuano i maligni, di filler.

Torniamo al libro non-libro. Una auto-autoagiografia a meno di 40 anni? E perché no, se quanto appena detto è vero? È cruda operazione di potere, predisposta dagli uffici di comunicazione e dalle agenzie che sono le vere padrone dei giornali come dei partiti e dei segretari e/o segretarie: ricordate l’armocromista a 300 euro l’ora, sempre by Elly? Pareva ‘na cazzata, era una dichiarazione d’intenti. Il libro, affidato alle sapienti mani di una commentatrice organica, va ribadito, passa in scia: è sapiente nel non dir niente, a una prima scorsa, anticipata da interviste che definire a tappetino sarebbe ingeneroso: a scendiletto, se mai, a pelle di leone ed è tutto parte della strategia comunicativa, da influencer, l’apparenza è tutto, ma un’apparenza il più possibile volatile, dir niente per galleggiare sull’acqua calda, “Non c’è cosa più bella delle manifestazioni di piazza”: con quel buon profumo di salsicce.

Sta tutto qui, nel niente di una visione complessiva atrocemente superficiale, coreografica, ginnasiale, da “faccio cose vedo gente”, da “diritto alla felicità” che è trovata retorica e bolsa da notte dei tempi, sta perfino nella Costituzione americana, da altro mondo possibile, che è la miseria politica e umana dei casinisti di Genova, 2001, a suon di spranghe ed estintori per mascherare il nulla delle nullità, solo che qui sotto il nulla c’è una granitica attitudine al comando, al potere cinico, gelido sotto il vestito dei sentimenti facili. Lontana a misura abissale dalla problematicità comunista novecentesca, che però era una complessità fasulla, quell’aggrovigliare per non farsi capire, erano dei cialtroni anche quelli, peggiori dei neopost comunisti di oggi, alla fine, sfrondate le citazioni filosofiche, le intuizioni dei sociologi engagée, degli intellettuali alla moda, dei cantanti paraculi che alludevano alla lotta armata ma da proprietari latifondisti, si tornava ai vapori da plebe, le feste unte e magnaccione, le massicciate piazzaiole.

Il popolo digeriva, il Politburo dirigeva. E allora capisci che Elly è assai meno imprevista, per dire sprovveduta, di quello che appare; che vuole apparire. “Mi fanno ridere quelli che dicono che io sarei fuori dal mondo, dalle cose, io le cose me le sento dentro, questo mondo [proletario] ce l’ho dentro”. Anche questa è una frase che a pelle suona incredibile, delirante, invece è calibrata con la precisione di un arciere: contiene tutta la presunzione di una Millennial, e vedi un po’ il libro viene propagandato come la mirabile parabola politica della “prima segretaria millennial”, come fosse roba da Pantheon anziché da questi tempi sciatti che subiamo; c’è la prepotenza della percezione, sì, io sono ricca ma mi considero, mi pretendo popolare, non ho nessuna esperienza di quanto vado predicando ma tanto ho tutto dentro.

Cosa c’è di diverso da una Ferragni? E difatti Ferragni stava per venire candidata, poi la storia è nota e al suo posto han preso Ilaler Salis, l’occupatrice: perché è vero che se la son caricata gli impresari del peggio, Fratoianni&Bonelli, ma tutti sanno che voleva prendersela Elly, solo che la componente bigotta, ex democristiana, del Pd si è messa di traverso e lei ha incaricato la succursale. Ma sempre roba piddina è. Schlein è l’imprevista più organizzata, più previsionale che c’è e ne va tenuto conto. “Un’altra visione del mondo”? Ma no, è sempre la solita da liceale svagata, privilegiata, che torna alle suggestioni e alle salsicce dei Settanta: le piazze, il sudore, che una che paga una consulente ai colori non conosce, ma si sente dentro, il ronzio dolciastro del populismo comunista, la giustizia sociale, il berlusconismo come molla per cambiare il mondo ricco e sperequato, e figuriamoci, centri sociali e tartine, “giurisprudenza democratica”, ma si possono sentire baggianate simili?, sardine, clandestini quale core business dell’accoglienza irresponsabile, “il mare pieno di migranti che affogano”, e affogano proprio perché la sinistra onirica e tartufa schleiniana tutto fa meno che scoraggiare questi suicidi annunciati, con lacrime coccodrillesche.

Volumetto di comunicazione, di patetica ma calcolata arroganza: i comunisti vecchioni, del secolo scorso, i togliattiani e berlingueriani, ma ne restano ancora poi?, ne staranno alla larga come dalla peste che ha sterminato i duri e puri, i millennials e gli influencer post Civati, post tutto, lo compreranno, che è l’unica cosa che conta. Per i soldi e perché saranno loro, in prospettiva, a votare per i prossimi venti o trent’anni, e l’autosantino della imprevista che l’ha messo nel culo a tutti vi sta dicendo una ed una sola cosa: non mi avete visto arrivare e non mi vedrete andare via. Io sono qui per permanere.

Max Del Papa, 11 settembre 2024

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