La cosa più ridicola della cancel culture, o chiamatela come diavolo vi pare, è la sua pretesa originalità. È dalla storia dei tempi che delle avanguardie, che si autodefiniscono tali, pretendono di avere la verità in tasca. C’è chi lo fa manifestando la violenza delle proprie intenzioni, e chi finge dietro ad un sorriso di volerti convincere e accettare solo a patto che tu condivida il suo punto di vista. La seconda razza è la peggiore. Perché più insidiosa. I padri fondatori americani conoscevano il subdolo rischio, che guarda caso, nasce sempre sulle coste del continente nuovo e si tutelano con il primo emendamento e la difesa ad oltranza del free speech. Che non vuol dire soltanto libertà di parola, ma innanzitutto libertà di pensiero e di sua espressione. Sono libero di affermare che la famiglia tradizionale sia quella naturale, sono libero di affermare anche l’esatto contrario.
Robert Spencer, già tre anni fa, ben prima dell’attuale nouvelle vague, sentiva puzza di bruciato, e scrisse un libro molto interessante, oggi più attuale che mai: The complete Infidel’s guide to Free speech (and its Enemies). La cultura occidentale e in specie quella americana (basata sul primo emendamento) ha come suo architrave la laicità dello Stato e la libertà di parola e di espressione in tutte le sue forme (free speech). Spencer ricordava allora come queste caratteristiche non siano proprie degli stati islamici. E su questo passi. Il libro di Spencer ci racconta, con fatti, date, interviste, sentenze, come già all’epoca stessimo rinunciando a questi principi. Dal caso Fallaci, che conosciamo, a quello del presentatore tv americano Schilling fatto fuori per un tweet in cui diceva che solo il 5 per cento dei musulmani è terrorista, in confronto al 7% dei tedeschi che fu nazista. Kaput, dopo una violenta campagna di stampa e nonostante le sue ripetute (e non dovute secondo Spencer) scuse fu stato radiato.
L’Occidente, dice Spencer, è vittima del politicamente corretto, si autocensura sulle questioni che riguardano l’Islam. Stiamo tragicamente seguendo il consiglio di Mohamed Atta, il leader degli attentatori dell’11 settembre, che ai passeggeri del suo volo diceva: “Dovete solo stare calmi e vedrete che tutto sarà ok”. Lo hanno preso in parola e il volo American Airlines 11 si è schiantato su una delle torri gemelle. E la nostra libertà di parola e di critica si sta affievolendo: “La libertà di parola contiene esattamente la libertà di disturbare, di ridicolizzare e di offendere. Se così non fosse, la dottrina del free speech sarebbe lettera morta. Dopo tutto, le parole, i discorsi inoffensivi non hanno alcun bisogno di protezione per di più con un emendamento costituzionale”.
La cosa sembra banale, ma non lo è. E Spencer ricorda centinaia di casi, dalle vignette danesi alle denunce dei vicini di casa, in cui per il solo fatto che ad essere toccato fosse un nervo islamico, l’Occidente, l’America, e le Nazioni Unite, si siano fermate.
Sostituite l’islam e mettete la donna, il sesso, la storia, lo schiavismo, le statue e il discorso non cambia.
Nicola Porro, Il Giornale 19 luglio 2020