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Discoteche chiuse per Covid (tranne che Sanremo)

Ipocrisia a Sanremo: il teatro Ariston trasformato in una pista da ballo. Ma le discoteche non possono aprire

Nella babele di regole illogiche, mastodontiche e incomprensibili sul Covid, nulla ormai è una sorpresa. Se gli italiani si sono abituati a giocare col sudoku sui contagi a scuola, saranno pronti a tutto. Però quando l’ingiustizia (o l’ipocrisia) si palesa in diretta nazionale di fronte a 9 milioni di telespettatori, per di più sul palco del privilegiati di Sanremo, beh: allora la musica cambia.

Un paio di giorni fa il governo ha disposto la proroga dell’obbligo di mascherine fino al 10 febbraio. Misura restrittiva che fa a pugni con gli annunci di “riaperture” millantate in queste ore a giornali unificati. E che oltre alle mascherine imponeva l’ulteriore chiusura delle discoteche per altri 10 giorni, condannando un settore già messo in ginocchio da due anni di lockdown veri, presunti o burocratici. A smentire l’euforia improvvisamente aperturista c’è anche la consapevolezza che gli stadi di calcio e i palazzetti vari non sono ancora tornati al 100% della capienza. Domani riparte il campionato di Serie A e il derby della Madonnina potrà riempire solo il 50% dei posti disponibili a San Siro. Peggio mi sento per le arene al chiuso e gli sport “minori”: non più del 35% di capienza e tanti saluti agli incassi.

Direte: si sapeva. Va bene. Però mentre le imprese del settore discoteche soffrono un continuo “apri-chiusi” e sono ancora costrette a tenere le serrande abbassate, al Teatro Ariston va in scena il festival del ridicolo. Ieri sera tra i super ospiti è salito sul palco Cesare Cremonini: grande performance e show coinvolgente. Due appunti, però. Primo: il teatro era pieno zeppo e ne siamo contenti, ma non si capisce come mai Sanremo sì e il palasport dell’Assago Forum no. Per caso il virus predilige gli sport sudati alle kermesse canore che piacciono alla gente che piace? Secondo: ieri sera poco prima che Cremonini intonasse 50 Special, Amadeus ha chiesto al pubblico ad alzarsi in piedi, chiaro implicito invito a scatenarsi. E infatti così è stato: “vespe truccate, anni 60”, musica travolgente e tutto il pubblico dell’Ariston che danza al ritmo di musica, alza le mani, grida di gioia, si scatena. Spalla a spalla. Appiccicati come sardine. Selfie, battiti di mani, Cremonini che addirittura va a ballare vis a vis con una signora in prima fila, sotto lo sguardo imbarazzato dei vertici Rai. Non ci sarà stata la classica “pista da ballo”, niente tavolini privé e champagne, ma tra il Sanremo di ieri sera e una discoteca non v’era alcuna differenza. Zero. Si è danzato all’Ariston esattamente come si poteva fare all’Alcatraz milanese. Perché, allora, questa discriminazione?

Qualcuno una tesi ce l’ha. E i più maligni sostengono che in disco e allo stadio ci vada la gente di destra, un po’ sudaticcia, quella che non frequenta i salotti che contano. Sanremo è tutta un’altra storia e può fare eccezione. Giustamente il Movimento Imprese Italiane e il Silb-Fipe si sono incazzati. E ci mancherebbe: lo urlano sin dalla prima serata che è “vergognoso” quanto sta succedendo. “Le discoteche e tutti i locali notturni in Italia sono chiusi da mesi e ancora non si sa ad oggi quando riapriranno esattamente – protesta il Movimento Imprese Italiane – Molte di esse sono già praticamente fallite, ritenute luoghi pericolosi per il contagio, nonostante i gestori dei locali abbiamo accettato pietosamente green pass e versioni super o rafforzate. Ci sono migliaia di lavoratori a casa, senza soldi e senza stipendio”. E Amadeus che fa? Trasforma l’Ariston in una sorta di discoteca? Un’ingiustizia. Che grida vendetta. “Le misure valgono solo per le regolari attività d’impresa mentre proliferano attività abusive senza nessun controllo”. Tra queste, dice Silb-Fipe, anche Sanremo. L’ennesima beffa per gli imprenditori dell’intrattenimento.

Giuseppe De Lorenzo, 4 febbraio 2022