Disoccupati per colpa dell’AI? Non si può fermare il progresso

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Con l’avanzare del progresso e delle innovazioni tecnologiche, puntuale si ripresenta la tentazione luddista, diffusa soprattutto tra coloro che, pur usufruendo a piene mani dei vantaggi che tali innovazioni apportano nella vita dei cittadini dei paesi più sviluppati, sono soliti criticare proprio i sistemi economici di mercato che quello sviluppo hanno generato.

Manifestano contro il capitalismo, filmando la manifestazione con gli strumenti più moderni e innovativi che il capitalismo di mercato ha prima creato e poi messo a disposizione, a prezzi accessibili, anche per gli anti-capitalisti più incalliti e specializzati nello sputare nel piatto in cui mangiano.

Ned Ludd distrugge il telaio e inaugura la resistenza contro il mutamento tecnologico. Oggi sarebbe certamente stupito di vedere quanto progresso si sia compiuto dalla fine del ‘700 fino ai giorni nostri, anche grazie al fatto che non tutti quei telai andarono distrutti.

In economia non esistono certezze, tranne una: le cose cambiano, il mutamento è certo. Lo sviluppo economico è caratterizzato da incertezza e spesso il cambiamento spaventa generando il riflesso condizionato di opporsi, di cercare di fermare quelle evoluzioni tecnologiche che portano progresso ma anche crisi in alcuni settori, disoccupazione e cambiamento di posizioni fino a quel momento consolidate per chi si trova direttamente coinvolto. Scriveva Sergio Ricossa in Impariamo l’economia (BUR – 1994): “L’economia si perpetua perché si rinnova, e fermare l’economia è fermare il rinnovamento. Il quale però non è mai interamente pacifico, appunto perché ferisce gli interessi preesistenti e distrugge il valore della vecchia ricchezza”.

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Ai tempi di Ludd a spaventare furono i telai, oggi è l’intelligenza artificiale: “La disoccupazione tecnologica risulta allora non dall’esistenza di troppe macchine, come credeva Marx, ma dall’esistenza di macchine troppo nuove, che rendono obsoleti i mestieri del passato, mentre impariamo i mestieri del futuro. È una disoccupazione affine a quella merceologica, che risulta dall’offerta di consumi troppo nuovi, i quali rendono obsoleti i gusti del passato, mentre impariamo i gusti del futuro. Ed entrambi i tipi di disoccupazione, tecnologica e merceologica, mettono in imbarazzo i keynesiani, oltre che i marxisti, rendendo semplicistico o anzi dannoso il rimedio di sostituire una spesa pubblica qualsiasi alla spesa privata carente”.

I tempi cambiano, anche per la politica economica e la scienza delle finanze: “Non si tratta più di aggiungere, come bastava a Keynes, una quantità di domanda, si tratta bensì di correggerne la qualità: compito più complesso e meno rapido, compito in parte al di là della portata dei provvedimenti di politica economica. Un governo può frenare il cambiamento tecnologico e merceologico, assumendosi gravi responsabilità, rischiando di votare il proprio paese all’arretratezza; o può lubrificare il cambiamento, cercando di ridurne gli attriti, ma senza illudersi di renderlo del tutto indolore”. [Ibid].

Una delle frasi preferite da Phil Knight, il fondatore della NIKE, è questa: vivere significa crescere. O cresci, o muori.

Fabrizio Bonali, 8 aprile 2024

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