Divieto di ebreo. Se in Italia l’hotel caccia gli israeliani

A Selva di Cadore una famiglia denuncia la discriminazione: “Il popolo israeliano non è il benvenuto, coinvolto nel genocidio”

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Hotel israeliani (2)

In un recente e controverso episodio accaduto nel cuore del panorama montano delle Dolomiti, una struttura alberghiera ha negato l’ospitalità a una coppia israeliana, invocando motivazioni che hanno immediatamente destato scalpore e indignazione. Attraverso una comunicazione inviata via Booking, l’hotel ha esplicitamente dichiarato che “il popolo israeliano, a causa del suo coinvolgimento in azioni di genocidio, non è benvenuto” nella loro struttura. Questa presa di posizione ha scatenato un ampio dibattito, sollecitando reazioni da più fronti e mettendo in luce la problematica dell’antisemitismo in Europa.

“Buongiorno, informiamo che il popolo israeliano, in quanto responsabile di genocidio, non è gradito cliente nella nostra struttura – si legge nel messaggio – Pertanto, se desidera annullare la sua prenotazione, sarei felice di farlo e saremo lieti di garantire la cancellazione gratuita”.

Dror Eydar, ex console israeliano in Italia, ha espresso il suo sdegno nei confronti dell’accaduto, riportando la testimonianza di Eden, la donna israeliana coinvolta. Essa, infatti, aveva già completato il pagamento per il soggiorno, trovandosi poi di fronte a una cancellazione improvvisa e ingiustificata. La diffusione di questa notizia ha acceso i riflettori su un fenomeno di intolleranza che sembra guadagnare terreno nel contesto europeo, sollevando preoccupazioni significative. “Ho parlato con Eden, la donna israeliana che ha prenotato la camera all’Hotel – scrive l’ex console – Ora è in Israele. Ha detto che hanno prenotato l’hotel per l’inizio di novembre e hanno pagato due notti senza possibilità di cancellazione. Il giorno prima del volo, hanno ricevuto un messaggio dall’hotel”. Per Eydar si tratta di “una vergogna antisemita che trasforma il bene in male e il male in bene: i proprietari dell’hotel, che sostengono i terroristi di Hamas che hanno ucciso bambini, decapitato i nostri figli, violentato le nostre figlie e bruciato insieme genitori e figli mentre erano ancora vivi, accusano le vittime israeliane di genocidio. Non Tacere!”.

Questo episodio ha trovato il sostegno di Chef Rubio, figura pubblica nota per le sue posizioni a favore della causa palestinese e per le sue minacce contro Parenzo e Mentana. Attraverso i suoi canali social, ha espresso apprezzamento per la decisione dell’hotel, interpretandola come un gesto di resistenza. Egli ha utilizzato termini forti, alludendo ai “terroristi ebrei” e alla loro presunta superiorità, enfatizzando la sua approvazione per l’esclusione operata dalla struttura.

Il dibattito si è poi esteso ai social network, dove si è assistito a una polarizzazione marcata delle opinioni. Alcuni hanno visto nell’azione dell’hotel un legittimo atto di protesta politica, mentre altri l’hanno condannata come manifestazione di antisemitismo. La reazione del pubblico è stata veemente, con molti che hanno proposto boicottaggi e lasciato recensioni negative per esprimere il proprio disappunto, testimoniando la profonda divisione suscitata da questa vicenda. Ognuno è libero di accogliere chi vuole in casa sua, o all’interno del suo hotel. Ma a parte che questa discriminazione ricorda molto quel “io non posso entrare” di nazista memoria, va anche fatto notare che estendere a tutti gli “israeliani” la “colpa” di essere partecipe di un “genocidio a Gaza” è totalmente irrazionale. Perché discrimina in base alla razza, non alle idee. Sarebbe un po’ come dire che tutti i palestinesi devono essere ritenuti colpevoli del massacro del 7 ottobre, o almeno complici di Hamas, dunque legittimi obiettivi militari.

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