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Djokovic il “no vax” trionfa alla faccia di chi voleva cacciarlo

Volevano escluderlo per il vaccino, ha stravinto. Perche il successo del campione serbo va oltre il valore sportivo

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Dunque, Nokak Djokovic, detto Nole, trionfa sulla terra rossa dei talebani sanitari. Stravincendo in due set gli Internazionali d’Italia disputati al Foro italico, contro un ottimo Stefanos Tsitsipas, considerato il miglior tennista greco di sempre, il campionissimo serbo infligge un micidiale 6-0 al nostro establishment sportivo, da sempre unito a doppio filo con il potere politico. Ci riferiamo in particolare al mammasantissima del Comitato olimpico nazionale, quel Giovanni Malagò il quale, meno di tre mesi fa, nella prospettiva di una partecipazione di Djokovic al massimo torneo italiano, dichiarò in diretta televisiva che “ammesso e non concesso che uno si faccia la doccia in un camper, che mangi e dorma in situazioni di fortuna, è il messaggio che sarebbe sbagliatissimo.”

Ciò, per chi non lo ricordasse, faceva seguito ad una lunga campagna nazionale di demonizzazione del tennista a cui, dopo un lungo tira e molla con le autorità australiane, era stato impedito di partecipare al primo torneo del grande slam del 2022, ossia gli Australian open, reo di non essersi piegato al ricatto vaccinale impostogli per poter giocare.

Ma evidentemente qualcosa si deve essere incrinato nel granitico mondo del Coni in versione anti-Covid. Tant’è che il presidente della Federtennis, Angelo Binaghi, nella conferenza stampa stampa tenuta in occasione dell’ultimo giorno degli Internazionali d’Italia, ha sparato a palle incatenate contro lo stesso Malagò. Snocciolando i numeri di un’edizione da record, su tutti i 229.306 spettatori prima delle due finali per 16,03 milioni di incasso, ha infatti detto: «Prima ha cercato di non far giocare Djokovic, poi non voleva che ci fossero i russi, ma noi abbiamo analizzato bene le sue parole e non è vero che il Cio aveva dato dichiarazioni differenti rispetto a quelle osservate da ITF, ATP e  WTA. Ha cercato di indirizzare il Governo verso una decisione che avrebbe danneggiato gli Internazionali».

Parole molto dure che in qualche modo riportano un po’ di aria fresca nel clima stagnante di un sistema Paese che anche nel dinamico settore dello sport si è fin da subito allineato in massa al dogma sanitario imposto dall’alto, dipingendo Djokovic come il simbolo sportivo dell’eresia negazionista nei confronti del coronavirus.

In tal senso, senza per questo attribuire particolari virtù morali ad un campione che ha semplicemente optato per una libera scelta, il suo sesto trionfo romano acquista per noi aperturisti della prima ora un valore che travalica di gran lunga quello sportivo. Il valore supremo della libertà basato sul senso di responsabilità individuale che, di fronte ad un virus – lo ripetiamo fino alla nausea- che ha sempre colpito seriamente le persone fragili, ha permesso a Djokovic di non piegare la testa. Grazie Nole!

Claudio Romiti, 16 maggio 2022