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Djokovic non è un santo, ma chi lo attacca è peggio di lui

Il tennista perde il ricorso: cacciato perché senza visto. Non potrà giocare gli Australian Open

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Finalmente giustizia è fatta. Djokovic, l’infame, il serbo, il coyote, il miliardario, il trafficante, il furbo, il bugiardo, preso, imprigionato, tenuto a bagnomaria e rispedito a calci in culo al suo Paese. Così si fa! La lotta all’Omicron non è mica uno scherzo! E poi le regole valgono per tutti sì o no? A dirlo è gente come Davide Faraone, detto “il mozzo di Carola”, quello che sosteneva che per Carola Rackete e Mimmo Lucano le leggi non contano. A dirlo sono altri tennisti che farebbero meglio a tacere, per carità di sport, come Nadal. A dirlo sono le prefiche del politicamente corretto che vogliono morti i novax, gli ultrà alla Lucarelli o quell’altro, il saltafila, che va per televisioni a dare lezioni di virologia dopo aver proclamato che “è solo un raffreddore porca puttana” quando era un morbo pericoloso, mentre adesso che è solo un raffreddore o poco più, lo teme come la peste nera.

Gli errori di Djokovic (e il regime etico)

Dijokovic è un’anima candida? Ma no, è un campione che pensa anche al fatturato, ha raccontato qualche balla, ha glissato sulla sua positività, ma un giudice in Australia ha sancito che il suo ricorso era valido e alla democrazia australiana non è rimasto che rispedirlo come persona non grata, uno che “dava il cattivo esempio e poteva spingere altri”. Qui casca la narrazione virtuosa e sale quella malsana voglia di regime etico: non pensare e soprattutto non pensare con la tua testa, potresti contagiare altri; al regime si ubbidisce, senza discutere, senza pensare, perché il regime vuole solo il tuo bene e anche solo sospettare il contrario è reato; tu non puoi, non devi scegliere come curarti, non ti è lecito informarti, non hai diritto di sentirti sano se lo sei, tu devi stare dalla parte giusta e te la mostriamo noi e se non ci stai sei fuori, finito, chiuso.

Se sei sano lo decidiamo noi, se sei malato pure, cosa devi mangiare idem, cosa guidare, cosa pensare, cosa comunicare, come pagare, come riscaldarti, come comportarti, quali saranno i tuoi miti, quali i tuoi bersagli, non preoccuparti, è già tutto deciso, apparecchiato, ti resta solo da eseguire e non fai nessuna fatica perché ti mettiamo a disposizione tutti gli strumenti, puoi farlo comodamente seduto sul tuo divano, basta un dito per cliccare qualunque cosa, poi non devi più preoccuparti che ci pensiamo noi, facciamo tutto noi.

Djokovic rischiava di infettare di libertà

In un certo senso hanno ragione: chi pensa, chi sceglie, chi, magari, sacrifica un montepremi per un princìpio o un puntiglio, dev’essere fatto fuori. Non sempre: se uno pensa così come pensa il regime, allora le leggi si possono anche fottere, per la causa dei buoni si può sparare, uccidere, speronare, rubare, contagiare, basta che tutto sia organico a quello che vuole il potere e il potere vuole tutto ma non la libertà. Djokovic rischiava di infettare di libertà e allora che se ne vada a fare in culo, non prima di essere passato nel frullatore dell’odio da quelli che “odiare ti costa”, di essere ricondotto all’ovile delle leggi da quanti sostenevano che “le leggi ingiuste si abbattono”. Odiate, odiate il reprobo, qualcosa resterà.

Dite che questa tempra morale odora un po’ di fogna? Beh, non preoccupatevi, presto non potrete più. A esultare per la cacciata del “miliardario serbo” si è vista pure gente che copriva Bibbiano, il traffico orrendo di bambini rubati alle famiglie e consegnati a coppie depravate. Gente per la quale “i bambini non appartengono alle famiglie ma allo stato”. Anche i tennisti, a quanto pare. “Gioco, partita, incontro!”, hanno gioito i mediocri, senza fantasia, i bastardi senza gloria nel trionfo del patetismo.

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