Si è conclusa alla Camera dei deputati la discussione sul famoso Ddl Zan, ritenuto di primaria importanza da una parte politica, seppur il nostro Paese sia attanagliato da ben altri problemi.
Come già gli antichi romani, che hanno istituito il diritto, sostenevano, non bisogna moltiplicare le leggi se non é strettamente necessario farlo. Pertanto ciò che dobbiamo chiederci è se ci sia veramente bisogno di una legge contro l’omofobia e la transfobia. In realtà va detto che in Italia esiste già un’ampia tutela legale contro ogni forma di discriminazione e di violenza, come è giusto che sia. Il nostro sistema giuridico non presenta alcuna lacuna. Nell’ipotesi, ad esempio, che una persona commetta un qualsiasi tipo di reato verso un’altra persona solo perché questa é omosessuale, é già previsto un inasprimento della pena ex art. 61 comma 1 del codice penale (la cd. circostanza aggravante per futili motivi).
Anche nell’ambito lavorativo sono già previste corsie preferenziali, pensiamo alle quote arcobaleno ed ai “Gender Equality Manager” sempre più presenti in aziende multinazionali. Anche dall’analisi dei dati ufficiali dell’Oscad (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori del Ministero dell’Interno) non si evince la necessità di creare una legge contro una pretesa omofobia/transfobia. Si rileva infatti una media di 26 casi di discriminazione verso gli omosessuali che vengono segnalati ogni anno in Italia.
Infine il nostro Paese é considerato al terzo posto fra i Paesi pù gay-friendly al mondo (dopo la Francia e la Gran Bretagna). Quindi, riproponendo la domanda che ci siamo posti all’inizio, ovvero se ci sia davvero bisogno di una legge contro l’omofobia e la transfobia, la risposta appare evidentemente negativa. Alla luce dei fatti i numeri non ne giustificano l’esigenza. Riteniamo che creare delle corsie preferenziali per soggetti che a tutti gli effetti debbano essere in realtà considerati alla pari di tutti gli altri, sia uno degli attentati pù gravi che siano mai stati fatti alla libertà.
Soprattutto per il fatto che questo preteso reato non é definito dalla legge che si vorrebbe approvare, e quindi rimane determinato da una percezione soggettiva, lasciata alla discrezionalità di chi sarà chiamato a giudicare e basato su fondamenti non scientifici. Sarà condannato allora chi dice che si nasce maschio o femmina? O chi dice che una famiglia é composta da una mamma e da un papà?
La partita, si precisa, non è ancora giunta al termine, in quanto per i sostenitori di questa legge si presenta lo scoglio del Senato. Auguriamoci allora che non si voglia far vincere un buonismo spicciolo ma che possa trionfare la giustizia e la verità.
Eleonora Bonfanti, 9 novembre 2020