La foto fa discutere. Durante le celebrazioni dell’Eid-El-Fitr a Roma, che segnano la conclusione del Ramadan, si è verificato un episodio che ha destato preoccupazione e dibattito. Le immagini diffuse sui social network da Fabio Rampelli hanno mostrato come, nel quartiere di Centocelle, le donne fossero separate dagli uomini durante la preghiera mediante una divisione fisica realizzata con una rete e coperta da un telo. Un simile accadimento solleva quesiti significativi riguardo al rispetto dei principi di eguaglianza e inclusione, mettendo in luce una pratica che sembra in contrasto con i valori di una società che si prefigge di garantire la libertà e la parità di tutti i suoi membri.
Allo stesso tempo, a Milano, si assiste a una problematica di natura diversa ma altrettanto rilevante. Nei pressi della stazione centrale, esiste una moschea non autorizzata in via Cavalcanti, che continua ad essere frequentata da un ampio numero di fedeli nonostante le ripetute segnalazioni e le decisioni giudiziarie che ne hanno ordinato la chiusura. Questa persistenza nell’utilizzo di un luogo di culto illegale causa malcontento tra i residenti del quartiere e riflette la difficoltà di gestire adeguatamente gli spazi dedicati alle pratiche religiose nelle aree urbane, evitando che questi diventino fonte di tensione e disagio.
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Queste situazioni evidenziano la sfida nel bilanciare la libertà individuale di espressione religiosa con i diritti collettivi. È essenziale assicurare che l’esercizio della fede non si traduca in un’invasione dello spazio pubblico né in una violazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione. La separazione fisica delle donne dagli uomini in uno spazio pubblico, come avvenuto a Roma, pone interrogativi sulla compatibilità di tali pratiche con i fondamenti di una convivenza democratica e rispettosa dei diritti di tutti.
“Ci risiamo – attacca Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di FdI – Ecco le immagini della giornata conclusiva del Ramadan, la festa che interrompe il digiuno per i fedeli dell’Islam, provenienti da Roma, quartiere Centocelle. Gli uomini si inginocchiano e pregano Allah, è giusto, ognuno dei circa due milioni di musulmani residenti in Italia ha il pieno diritto di farlo, anche pubblicamente. Le donne invece sono rinchiuse in un recinto e discriminate, non possono pregare, ma neppure guardare gli uomini chini verso la Mecca. Infatti una rete da pollaio con telo oscurante impedisce loro di guardare nel settore dei fedeli in preghiera perché sono ‘esseri inferiori’ e non devono avere accesso né diretto né indiretto alla fede”. Il deputato meloniano insiste: “Si potrebbe obiettare che esiste una libertà individuale, domestica o al limite religiosa che consente a ciascun cittadino di fare ciò che vuole se non infrange l’altrui libertà. Nella sua casa, nella sede di un’associazione o nella grande Moschea di Monte Antenne. Già, ma qui si sta a Piazza dei Mirti, sul suolo della Repubblica italiana dove a nessuno dovrebbe essere consentito di violare le sue leggi e i suoi precetti costituzionali, rischiando di indurre altri cittadini a comportarsi in modo analogo. È giusto far esibire pubblicamente a un gruppo di professanti la reclusione illegale e incostituzionale della donna in quanto tale e la menomazione dei suoi diritti primari? La risposta è certamente chiara: non è giusto. Ed è legale? Qui inizia invece il mistero… Nel frattempo non si trova una sola donna di sinistra, non dico una femminista, che s’indigni e protesti”. Secondo Rapelli, su questa materia “occorre giocare meno e dare risposte che tengano insieme il rispetto della nostra civiltà e del suo ordinamento con il diritto dei fedeli musulmani a seguire la loro fede”.
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