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“Dopo l’intervista a Vogue…”. Un sondaggio preoccupa Elly Schlein

La rilevazione di Tecné sul giudizio degli italiani sull’armocromista e la rivista patinata. E gli operai la scaricano

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I sondaggi dicono che il Partito Democratico di Elly Schlein sta recuperando un po’ del terreno perduto dopo la debacle elettorale di Enrico Letta a settembre. I punti di distanza da FdI di Giorgia Meloni sono ancora molti, ma meno che in passato. Tuttavia, sebbene la ventata d’ossigeno portata dall’elezione di Schlein alla segreteria del partito abbia ridato un po’ di vita sondaggistica ai dem, non si può dire lo stesso della scelta di farsi intervistare da Vogue e di rivelare di far ampio ricorso ai consigli (retribuiti) di una armocromista.

Lo abbiamo visto e rivisto: quella che dovrebbe essere la base elettorale del Pd, ovvero il mondo dei lavoratori e degli operai, non ha visto di buon grado le fotografie sulle pagine patinate della rivista di moda. “Elly Schlein? E chi è?”, dicevano fuori dai cancelli di Mirafiori. “Io certamente non userei i miei soldi” per l’armocromista “neanche se avessi il suo stipendio”, spiegava Mary. E il motivo è semplice: altrimenti diventa evidente “che il suo status quo è diverso da chi vorrebbe rappresentare”. Esternazioni simili sono state raccolte anche dalla Tenaris di Dalmine, dove il ritornello suona più o meno così: “Penso che una segretaria di un partito di sinistra dovrebbe occuparsi di tematiche più di sinistra”. Non di trench sartoriali.

E in effetti anche gli italiani in generale sembrano pensarla allo stesso modo. Lo certifica un sondaggio realizzato da Tecné per Quarta Repubblica e mandato in onda ieri sera da Nicola Porro. La domanda era secca: “Dopo l’intervista a Vogue, Elly Schlein le sembra distante dalla gente comune?”. Risposta affermativa per il 52% degli elettori, contro il 30% dei no.

Ora occorre domandarsi se quello del segretario Pd sia stato uno scivolone, cui ha cercato di rimediare con la colazione a casa della pensionata di Palermo; oppure se si tratti di una precisa strategia comunicativa. Se così fosse, bisognerebbe domandarsi: a che pro? Non di certo per riconquistare i voti dei lavoratori che anche in Emilia, Toscana e Umbria si sono spostati altrove. Forse per trascinare il partito definitivamente nella Ztl, verso la “classe media metropolitana”, direbbe Antonio Polito, lì dove si parla più di “diritti” e “fluidità di genere”, oltre che di antifascismo e uteri in affitto, piuttosto che verso i bisogni delle periferie. Sicuri servirà a ridurre la distanza da Fratelli d’Italia?