Dopo Sanremo arriva il festival delle nomine

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Calato il sipario su Sanremo, sui canali del potere va ora in onda un altro festival: quello delle quasi 400 nomine pubbliche in scadenza. Nella categoria star Claudio Descalzi e Alessandro Profumo, amministratori delegati  di Eni e di Leonardo-Finmeccanica, a rischio rinnovo più di tutti. Descalzi  in difficoltà per il presunto conflitto di interessi nelle attività di sua moglie nel settore petrolifero in Congo nonché per il disordinato dinamismo del suo braccio destro e sinistro, Claudio Granata; Profumo, ormai abbandonato anche dall’ultimo protettore rimastogli, Paolo Gentiloni, per le pessime performance del suo gruppo, seppur in gran parte ereditate dalla gestione di Mauro Moretti, rischia di dover ricorrere ad un aumento di capitale di almeno 5 miliardi di euro.

Campane a morto a Siena per Marco Morelli, Ceo di Mps, al quale sarà fatale l’ennesimo buco di un miliardo della sua banca. In grande spolvero, invece, per gli ottimi risultati ottenuti, gli amministratori delegati di Enel, Francesco Starace, e di Poste Italiane, Matteo Del Fante. I presidenti di cda, con la sola eccezione di Gianni De Gennaro, dovrebbero invece saltare tutti, comprese la sempreverde Maria Bianca Farina (Poste Italiane) e l’inossidabile zarina, tra pubblico e privato, Emma Marcegaglia (Eni). Nel backstage si scaldano alcuni “big”, che potrebbero entrare in scena con ruoli di primissimo piano: Luca Valerio Camerano (A2A), Marco Patuano (Nomura), Domenico Arcuri (Invitalia), Marco Alverà (Snam) e, infine, a sorpresa nelle ultime ore, magari anche Luigi Gubitosi (TIm) e Monica Mondardini, manager storica del gruppo De Benedetti, anche perché ormai i posti  riservati per legge alle quote rosa sono diventati un incubo.

Ma, dopo mesi di strategie degli uffici di comunicazione, come avviene, di fatto, il valzer delle nomine che, da sempre, fa sognare, tra familiari, profittatori, ruffiani e aficionados, un’audience di almeno diecimila persone? Occorre anzitutto sfatare un cliché: i cosiddetti “cacciatori di teste” non sono altro che i certificatori dei desideri di Palazzo Chigi e del Mef che, a loro volta, sono l’anello formale di congiunzione dei capibastone del momento. Questi ultimi oggi sono Giuseppe Conte, al quale il suo ruolo pro tempore piace proprio da impazzire, che sta promettendo tutto a tutti, soprattutto poltrone nei Cda e nei collegi sindacali (tanto qualcuno, alla fine, bisogna pur piazzarlo e magari serve a rubacchiare qualche voto in Parlamento); la coppia GualtieriD’Alema; Fraccaro per i 5 Stelle; Zingaretti e Franceschini per il Pd e, infine, il solito Renzi.

Invece i tanti piccoli Buffagni e Calenda che si danno tanto da fare non hanno nemmeno accesso ai camerini. Il gruppetto di giurati (convitato di pietra, Sergio Mattarella) si incontrerà a breve e la prima domanda, per i posti in poltronissima, verrà fatta proprio all’ex rottamatore, Matteo Renzi: “Dei tuoi, visto che li hai nominati praticamente tutti tu, quale difendi e quale posto vuoi (perché, al massimo, te ne diamo uno e ringrazia Dio)?” Sarà il panico in scena. C’è chi giura che Renzi chiederà l’Eni, per gli interessi e gli amichetti in quell’area, e proprio da lì comincerà la gara, anche perché Francesco Starace, il più accreditato per quel ruolo, non vuole certo spostarsi dall’Enel per finire a San Donato, perenne crocevia di veleni.

Oltre alle grandi (Eni, Enel, Poste, Leonardo, Terna, Mps), finirà nella kermesse anche la Rai, visto che l’attuale Ad, Fabrizio Salini, simpaticamente soprannominato “iena ridens” per la sua risata forzata, ormai non lo vuole più nessuno, per quel suo “format Conte” basato su rinvii e immobilismo che ha paralizzato l’azienda. A parte la parentesi di Sanremo, della quale sta cercando di prendersi meriti che non ha, vive chiuso nel bunker di viale Mazzini con il suo piccolo cerchio magico (Matassino, Giannotti, Ferrara). A proteggerlo ancora, sono rimaste solo due donne: la moglie Agata che – contro la scelta straordinariamente vincente di Teresa De Santis che le è costata la rimozione da Raiuno – voleva incredibilmente alla conduzione sanremese il suo pupillo Alessandro Cattelan, al posto di AmadeusFiorello; e Simona Ercolani, produttrice e fondatrice della “Stand by Me”, della quale Salini, fino alla sua nomina in viale Mazzini, è stato magna pars.

La società di produzione televisiva ha continuato a intrattenere rapporti con la Rai, consolidatisi inanellando una serie di flop, come la serie “Dottori in corsia: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”. E visto che, per il prossimo ad di Viale Mazzini, si sta cercando un manager interno, un’altra donna sta scalpitando: si tratta di Tinny Andreatta che, per l’ennesima volta, oltre al tifo di un gruppo di fedelissimi produttori, spera nei buoni uffici del grande amico di suo papà Beniamino, Sergio Mattarella.

Il manuale Cencelli continua ad essere un evergreen anche se, con una classe politica così modesta, gli amministratori che verranno scelti se ne dimenticheranno presto. La scusa sarà che, più che ai loro mandanti, devono rispondere, a seconda dei casi, alla Bce, ai Fondi, ai mercatin, rispettare  la legge 231/01,e così via. Di certo c’è che il premier Conte, quando si deve dare un’indicazione di politica industriale, preferisce farsi un viaggetto, pensare al proprio futuro e rinviare. E il festival delle nomine si trasforma nella Corrida, dilettanti allo sparpaglio. Si alzi il sipario.

Luigi Bisignani per Il Tempo 9 febbraio 2020

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