Al confine tra l’anno vecchio e il nuovo, mi permetto di inviare un doppio augurio a tutti i protagonisti dell’attuale scena politica, a chi è (pro tempore) al governo o all’opposizione.
Agli attuali vincitori, che devono fare i conti con l’ostilità di una vasta maggioranza dei media scritti e audiovisivi, ma a cui i sondaggi ancora attribuiscono una notevole popolarità e fiducia, va l’augurio di non dimenticare che viviamo in tempi di “turbopolitica”, che innalza e distrugge in tempi ultraveloci.
C’è chi ha parlato, a questo proposito, di una “cerimonia cannibale”, nel nostro Occidente: con gli stessi riti e meccanismi del successo mediatico che possono improvvisamente rovesciarsi a danno di chi ne sia stato il beneficiario fino a un momento prima. La parabola di Renzi dovrebbe essere un monito costante: per un anno idolatrato e portato in processione, e poi precipitato in un abisso dal quale non ha più saputo risollevarsi.
In questo, però, la condizione dei grillini e di Salvini è molto diversa: i primi sono più fragili, per l’evidente impreparazione dei loro uomini, per una classe dirigente casuale e improvvisata, per la mancanza di una salda cultura politica. La Lega appare invece più robusta per molti fattori: perché Salvini è un politico puro, perché da anni il Carroccio esprime uomini ormai sperimentati alla guida di città e regioni, e perché le ragioni dei sovranisti (difesa dell’interesse nazionale, attenzione ai confini, no all’immigrazione fuori controllo) sembrano più consistenti e durevoli, meno transitorie, di un generico populismo ribellista. Ma, ciononostante, sorprese e rovesci sono sempre possibili: e le stesse dinamiche non ideologiche che hanno portato molti elettori a dare fiducia a qualcuno potrebbero teoricamente indurli a rivedere le loro scelte.
Auguri diversi, e altrettanto sinceri, a chi oggi è all’opposizione. In tutta franchezza, mi pare che Pd e Forza Italia stiano sbagliando molto, e fatichino a elaborare un lutto, politicamente parlando: buona parte della fiducia che tuttora si riversa sul governo deriva proprio dal fatto che gli elettori non vogliono più saperne della vecchia classe dirigente piddina e forzista. Rivedere in tv tutte le sere gli stessi volti, troppo spesso impegnati a presentarsi come quelli “competenti”, come i difensori dell’Europa, perfino come gli interlocutori privilegiati del trio Juncker-Moscovici-Dombrovskis, mi pare un evidente autogol.
Il Pd è chiamato a una ricostruzione lunga e difficile, senza scorciatoie, per riconcepire una sinistra oggi smarrita e senza bussola: non se la caverà con primarie improvvisate, con beauty-contest e concorsi di bellezza. Quanto a Forza Italia, non mi pare molto sensato nei giorni pari attaccare duramente la Lega, e nei giorni dispari confermare le alleanze locali con il Carroccio (anzi, addirittura auspicare una nuova alleanza complessiva sul piano nazionale). Forse sarebbe più saggio, anche qui senza frettolosità, riconcepire un’integrazione liberale e meritocratica, pro mercato e pro innovazione, all’offerta politica di Salvini. Senza astio, senza asprezze, in uno spirito di nuova alleanza a destra, senza inseguire gli applausi del Pd o logiche neo-nazarene, che rischiano di far infuriare ancora di più gli elettori (o gli ex elettori) di centrodestra. Servirebbe molta cultura politica, ancoraggi profondi, pensieri lunghi. Ma la cassetta degli attrezzi liberale è stata nascosta per troppi anni da qualche parte: e quasi nessuno si ricorda più dove andarla a ritrovare.
Buon 2019 a tutti, comunque.
Daniele Capezzone, 31 dicembre 2018