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Dove sono i maestrini quando c’è da bacchettare Macron?

Francia sull’orlo del disastro: senza governo, economia a picco, debito pubblico alle stelle. Fosse stata l’Italia…

Macron 5 © Изображения пользователя Sviridenko Anna e Chaju Design tramite Canva.com

Tre governi avvicendatisi soltanto nell’ultimo anno, un deficit che si attesta al 6,1% del Pil, il debito pubblico che ha sfondato quota 3.228 miliardi di euro e uno spread rispetto ai Bund tedeschi che ha toccato i 90 punti base, livello massimo dal 2010, persino superiore a quello dei titoli di Stato della Grecia, paese finanziariamente considerato “il malato d’Europa”.

Fermatevi un attimo, e provate ad immaginare se, anziché la Francia di Monsieur Macron, fosse l’Italia a trovarsi in una situazione di tale instabilità politica e finanziaria. Con ogni probabilità, i rigorosissimi falchi europei non avrebbero esitato un istante a metterci sulla graticola, dispensando al contempo fastidiosissime lezioncine di buona amministrazione dei denari pubblici condite da continui richiami all’austerità. Sembra già di vederli i titoloni sugli autorevoli quotidiani di mezza Europa, a scagliarsi veementemente contro la classe politica italiana, come sempre avvezza allo sperpero e alla malagestione della cosa pubblica.

I soliti italiani, allegri, spendaccioni e irresponsabili, e, in quanto tali, da assoggettare al maniacale controllo dei burocrati europei e agli stringenti vincoli comunitari. È esattamente così che sarebbero andate le cose, inutile girarci troppo intorno. Per averne la riprova, basterebbero dei semplicissimi richiami alla memoria, per rendersi conto dell’evidente disparità di trattamento che le istituzioni europee hanno riservato nel tempo ai diversi Stati membri. Li ricordiamo bene i ripetuti moniti dei commissari europei contro l’Italia, come quelli del francese Pierre Moscovici, Commissario per gli affari economici e monetari nella Commissione guidata dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, sempre pronto a bastonarci per aver sforato di qualche decimo percentuale il rapporto deficit/Pil. Chissà cosa direbbe oggi l’integerrimo Moscovici della sua Francia, il cui deficit, come detto, è pari a oltre il 6% (altro che 3%!)? Senza contare il fatto che l’Italia bersaglio dei falchi europei, anche quella dell’emergenza post spread che portò alla caduta dell’ultimo governo Berlusconi, poteva contare su un appoggio parlamentare molto largo.

Molto diversa è invece la situazione attuale in Francia: il centro riformista di Emmanuel Macron si è sciolto come neve al sole, e il sistema elettorale va sempre più polarizzandosi verso forze più estreme, tanto di destra quanto di sinistra. E la mozione di sfiducia contro Barnier, passata con ben 331 voti (ne sarebbero bastati 289), ne è la prova. All’instabilità finanziaria dettata da un debito pubblico ormai fuori controllo, si somma quindi anche quella politica ed istituzionale, che getta letteralmente la Francia nel caos. Molto più di quanto non lo fosse a suo tempo l’Italia assoggettata alle cure da cavallo del governo tecnico guidato da Mario Monti.

E pensare che, appena due anni or sono, all’indomani dell’insediamento a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, i giornaloni di estrazione progressista di tutta Europa (e non solo), prospettavano per l’Italia l’avvento di una disastrosa crisi finanziaria a causa dell’esplosione congiunta di spread e debito pubblico.

Col senno del poi, le cose sono andate molto diversamente rispetto alle infauste (per l’Italia) previsioni della vigilia: la Francia di Macron è sull’orlo del disastro, la Germania tornerà presto alle urne (il prossimo 23 febbraio), dopo la crisi di coalizione che ha travolto l’esecutivo guidato da Olaf Scholz, mentre la cotanto bistrattata Italia, che al contrario sta conoscendo un duraturo periodo di stabilità politica interna, possiede adesso tutte le carte in regola per conquistare la leadership politica europea a scapito della Santa Alleanza franco-tedesca.

Salvatore Di Bartolo, 6 dicembre 2024