Ce lo chiedevamo ieri: a che gioco gioca Mario Draghi? E in che posizione è collocato rispetto ai partner europei? Sarebbe andato alla Casa Bianca a raccogliere la lista della spesa di Joe Biden, oppure avrebbe manifestato a Washington le perplessità sulla linea oltranzista, che si fanno sempre più largo nel Vecchio Continente?
A conti fatti, pare che la visita del premier negli Stati Uniti sia stata il secondo atto del vertice che si era tenuto l’altro giorno tra i leader di Francia e Germania, Emmanuel Macron e Olaf Scholz. L’inquilino dell’Eliseo aveva apertamente dichiarato che, se si vuole arrivare a una soluzione negoziale del conflitto in Ucraina, non bisogna umiliare Vladimir Putin. È alla luce di queste prime forme di dissociazione dell’Ue dal bellicismo americano, che vanno lette le parole di Draghi a Biden: “In Italia e in Europa le persone vogliono la fine di questi massacri, di questa violenza, di questa macelleria. Le persone pensano che cosa possiamo fare per portare la pace”. Dunque, nonostante “siamo uniti nel condannare l’invasione dell’Ucraina, uniti nelle sanzioni e nell’aiutare l’Ucraina come ci ha chiesto” Volodymyr Zelensky, “dobbiamo utilizzare ogni canale per la pace, per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”. Piuttosto eloquente.
A Palazzo Chigi e nelle altre cancellerie continentali ci si rende conto che l’opinione pubblica è sempre meno entusiasta dell’invio di armi e sempre più timorosa sia dell’allargamento delle ostilità, sia di una loro cristallizzazione: un Vietnam nel cuore d’Europa provocherebbe un danno incalcolabile alle economie dei Paesi occidentali, il cui buono stato di salute è comunque necessario all’America, la quale pure spera di nutrire un po’ di business, diventando il nostro nuovo fornitore di gas liquido.
Persino il presidente Usa, che ha ringraziato l’ex banchiere per aver “unito Nato ed Europa”, ha dovuto riconoscere che “la cooperazione dell’Italia è fondamentale” e che, tuttavia, a volte “può avere costi molto alti”. Come quelli che mezza Europa sconterebbe con gli embarghi energetici auspicati da Washington, ma sui quali persino importanti settori dell’amministrazione, a cominciare dal Tesoro, nutrono perplessità. Proprio Janet Yellen, ieri, si è detta “terribilmente preoccupata” anche per la crisi alimentare innescata dalla guerra e ha auspicato “un piano d’azione”. E non bisogna dimenticare la vicenda delle indiscrezioni sul coinvolgimento dell’intelligence americana nel teatro bellico; non manca, infatti, chi interpreta i leak come un segnale urbi et orbi sulla pericolosità della condotta aggressiva di Biden.
Dunque, il triangolo europeo Macron-Scholz-Draghi è servito a portare alla Casa Bianca un messaggio inequivocabile: l’Europa vuole lavorare per una cessazione del conflitto. E il tempismo della proposta è perfetto: coincide con la chiara indicazione arrivata da Mosca, dove un Putin piuttosto moderato ha lasciato intendere che è pronto ad abbassare i toni. Da questo punto di vista, va riconosciuto che l’ex capo della Bce ha svolto un ruolo di primo piano: anziché andare a fare semplicemente il cameriere alla Casa Bianca, anziché presentarsi banalmente come la guida di una nazione colonizzata, ha recapitato la cortese proposta degli alleati europei degli Usa. Certo, quando Roma prova a smarcarsi, Washington di solito stringe la briglia. Siamo a un punto di svolta? O è solo una manovra diversiva e, alla fine, Draghi rientrerà nei ranghi atlantici?