Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato in conferenza stampa l’approvazione del Decreto Sostegni che impegna 32 miliardi di euro. L’ex banchiere centrale, a differenza del suo predecessore, è schivo ai riflettori mediatici, privilegiando una comunicazione essenziale, priva di fronzoli e di decorazioni retoriche. La discontinuità va applicata non solo sull’estetica della comunicazione, ma anche sui contenuti dell’azione di governo che conferma alcuni provvedimenti fallimentari come i navigator, che da esploratori dinamici del mercato del lavoro, per introdurre all’impiego i beneficiari del reddito di cittadinanza, si sono cristallizzati in un “posto” pur non avendo adempiuto al loro compito. Con il rifinanziamento dei navigator e del reddito di cittadinanza le politiche del lavoro rimangono ostaggio di una cultura assistenzialistica che non conduce a quella emancipazione sociale che dovrebbe essere l’obiettivo a cui le forze di governo indirizzano le loro energie.
Sugli aiuti alle imprese va registrato l’abbandono dei codici Ateco, parametrando i ristori sulla base del fatturato degli anni precedenti, e l’impulso a sistemi di pagamento più celeri attraverso una piattaforma dedicata dall’Ufficio delle Entrate. Draghi ha stimato che 11 miliardi inizieranno a circolare nell’economia nel mese di aprile. Alle imprese che hanno perso il 30% dei ricavi verranno assegnate risorse a fondo perduto con sostegni differenziati a seconda delle dimensioni delle aziende. Altri sussidi sono previsti per il settore del turismo, cultura, agricoltura e il comparto del wedding che a causa della pandemia sono stati ridimensionati o relegati nell’inattività.