Governo

Draghi e Colao rischiano un naufragio - Seconda parte

Troppi gli interrogativi attorno alle scelte che Colao vuole imporre, non ultime le ombre sul suo lungo passato in Vodafone, da dove dicono sia uscito in anticipo per gli scarsi risultati ottenuti, a cui si aggiunge la circostanza che molti dei suoi collaboratori dell’epoca, a partire da Stefano Parisse, siedono oggi accanto a lui al Ministero in questa partita decisiva per il futuro del digitale e delle principali aziende del Paese, da Tim ad Open Fiber. Con Vodafone, ovviamente, convitato di pietra. Fosse stato un ministro di Berlusconi sarebbe già stato messo sulla graticola nella quale tuttavia ci finì veramente nel breve periodo in cui è stato Ad di  RCS. Appena arrivato, tra una corsa in bicicletta e una surfata in mezzo alle onde, ebbe la brillante idea di ordinare un audit sulle spese di Paolo Mieli, al tempo direttore de Il Corriere della Sera, con l’intento gesuita di colpirne uno per educarli tutti. Si rivelò un boomerang: non si trovò neppure lo scontrino di uno spritz nei bar di Brera e da lì venne soprannominato “Colao Meravigliao”.

Pur essendo rigidissimo, avendo ricevuto un’educazione calvinisticamente severa dalla madre, l’inflessibile Popi Pellizzari, nel suo breve periodo precedente a Omnitel, si ricorda ancora un’iniziativa di marketing con il Touring Club italiano dove, guarda caso, lavorava una donna tosta e preparata: Silvia Cassinis, sua moglie. E ora che a Colao è passata pure la delega di Tabacci all’aerospazio, c’è da sperare che l’Italia non finisca nel remake involontario di “2021: Odissea nello spazio”.

Luigi Bisignani, Il Tempo 5 settembre 2021

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