Draghi ha mandato a reprimere una protesta già sconfitta, quella dei portuali di Trieste. Ha mandato la forza pubblica con gli idranti e Mattarella ha rilasciato la sua improvvida dichiarazione sui disordini inaccettabili. Quali? La Cgil contro i lavoratori, i sindacalisti carrieristi saranno contenti: volevano la repressione e l’hanno avuta, la repressione di chi non ce la fa e non capisce perché la sua vita sia diventata un inferno. Non servivano gli idranti a Trieste, sono stati quella che il questore Pascalino negli anni di piombo definiva “operazione di parata”: mostrare i muscoli, far vedere che l’Italia quanto a durezza non scherza, che i tempi sono cambiati, adesso c’è il superburocrate della Bce che del dissenso ha un’idea chiarissima e i sindacati sono d’accordo, i partiti pure: nessuno ha manifestato solidarietà ai portuali e ai cittadini triestini, che si arrangiassero, non ci provassero più e tutti gli altri prendano nota. Armata Brancaleone quella dei portuali, portavoce stordito quel Puzzer, siamo d’accordo, ma proprio per questo non era il caso di schierare la forza bruta come piace a Prodi il quale dice quello che la dittatura cinese vuol sentire.
Draghi e Lamorgese scortano i rave party, i violenti ufficialmente impediti alle manifestazioni pubbliche come Castellino di Forza Nuova, non si azzardano a toccare i centri sociali che sono focolai di sovversione, ma sui no greenpass sono spietati, applicano il monopolio della violenza teorizzato da Max Weber. Dopo gli idranti, che cosa? Questo regime, ormai è chiaro, lo scontro sociale lo cerca e gli va bene anche il caduto in piazza. Secondo antica consuetudine dello Stato italiano. Non ha tutti i torti Giorgia Meloni a evocare la strategia della tensione, i prodromi ci sono tutti. Ma allora che aspetta l’unica opposizione a farsi sentire?
La differenza rispetto agli anni di piombo è questa, che allora c’erano forze contrapposte, infine saldatasi nella fermezza sulla pelle di Aldo Moro; oggi sono tutti dentro o a lato e non c’è nessuno che sappia o voglia davvero rappresentare la protesta civile, coagularla in un senso politico. Tutti pro vaccini e greenpass a oltranza, come annuncia Draghi: “Fino a che servirà”. Cioè fino a quando parrà a lui. Che manca ancora per concludere che la democrazia in Italia è ampiamente sospesa? Gli Arlecchini di regime insinuano che il lasciapassare “potrebbe” venire ritirato a Natale, omettendo di aggiungere che potrebbe avvenire in concomitanza con nuovi coprifuoco. Ma vogliamo vedere il presente che ci avvolge? Gas + 30%, luce + 40%, benzine + 30%, gas e metano + 30/50%, alimenti + 30/50%; una famiglia su 4 sotto la soglia di povertà, cioè impossibilitata a far quadrare il mese; ci si cura di meno, ci si nutre con alimenti meno sani; nel 2020 oltre trecentomila attività saltate, nel 2021 l’inizio della frana sociale. A fronte di tanto sfacelo, non sei autorizzato a protestare. Se ti azzardi, Draghi ti manda gli idranti e i manganelli e lo fa volendo dare un preciso segnale: il Paese è schiacciato, grecizzato, la UE e la Cina ne dispongano come meglio credono. Ma la Corte dei Conti europea ha appena ammesso che i primi 130 miliardi della transizione verde si sono rivelati inutili, cioè sono andati bruciati. La risposta di Bruxelles è stata esemplare: avanti così, nel 2030 i miliardi da bruciare saranno 1000. Intanto i soldi del recovery, che sono soldi nostri concessi a debito, arrivano col contagocce e a condizioni umilianti che investono sia le riforme strutturali che le forme di regime.